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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2012 alle ore 06:42.

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MILANO
Addio alle divisioni e maggiori poteri ai country chairman, che disporranno di tutte le leve (e delle annesse responsabilità) necessarie a rendere più efficiente e trasparente la gestione della banca.
A due anni dal varo del «bancone», UniCredit con il 2013 si prepara a un nuovo cambio di pelle. Che, di fatto, rappresenta l'evoluzione del percorso avviato nel 2010, quando Piazza Cordusio aveva deciso di cancellare le sette storiche banche di settore e trasferirne le competenze alle divisioni interne, iniziando il processo di decentramento territoriale. Ora il decentramento prosegue: i sistemi informativi, le risorse umane, la gestione del rischio e le grandi operazioni di investment banking continueranno a essere centralizzate, tutto il resto invece passerà in mano alle diverse aree e sotto-aree in cui è articolato il gruppo, che godranno di maggiore autonomia (dai budget all'organizzazione) ma anche di più responsabilità, visto che ogni chairman sarà chiamato a rendere conto di tutti i risultati centrati dalla banca all'interno dei propri confini.
«È un punto focale. Anche noi, come tutte le banche, ci stiamo riorganizzando per rivedere il modello di business», aveva dichiarato il ceo, Federico Ghizzoni a fine maggio, al termine della prima riunione del board appena eletto dall'assemblea. In quell'occasione Ghizzoni si era limitato a illustrare ai nuovi consiglieri la fisionomia della banca, un'analisi da cui era chiaramente emersa la necessità di un riassetto che consenta «di dare ai clienti quello che ci stanno chiedendo», come aveva rimarcato il ceo.
Da allora sono passati appena 40 giorni, ma il dossier è già maturo. Ieri ne hanno parlato i comitati interni della banca, e martedì dovrebbe arrivare l'approvazione definitiva da parte del cda. L'obiettivo resta l'attuazione del piano strategico 2013-2015, che basa due dei suoi quattro pilastri fondamentali proprio sulla riorganizzazione interna: da un lato c'è l'obiettivo, generale, di semplificare la struttura e ottimizzare la gestione dei costi, dall'altro c'è quello, specifico, di aumentare l'efficienza in Italia.
Il focus sull'Italia
Nella penisola, dove attualmente UniCredit è secondo player nazionale con il 13% del mercato, concentra il 33% dei suoi depositi e conta 61mila addetti, Ghizzoni spera di poter applicare quella maggior autonomia di cui aveva goduto in passato quando si era trovato a capo dell'area Est Europa: in quest'ottica, data per certa la conferma di Gabriele Piccini nel ruolo di country manager per l'Italia (così come quella del dg Roberto Nicastro al piano superiore), sembra ormai assodato che sopravviveranno anche le sette aree territoriali (Nord-Ovest, Lombardia, Nord-Est, Centro-Nord, Centro, Sud, Sicilia) in cui era stata suddivisa l'attività di UniCredit all'indomani del Bancone. Diverso il discorso sui responsabili d'area, a cui in questi 18 mesi è spettato il compito di trasmettere al territorio in cui operavano, dai clienti alle istituzioni, il profilo ormai "unificato" di UniCredit: è possibile che nei prossimi mesi si assista a un turnover, ma la nuova lista dei responsabili non sembra ancora essere stata stilata nella sua versione definitiva.
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