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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2012 alle ore 08:29.

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SHANGHAI – Come ampiamente previsto, la locomotiva cinese rallenta ancora la corsa. Nel secondo trimestre 2012 il prodotto interno lordo cinese ha registrato un incremento del 7,6% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La performance, in linea con le stime degli analisti, è la peggiore dall'inizio del 2009, quando anche la Cina fu investita dalla grande crisi economico-finanziaria globale.

E conferma il trend discendente del Pil del Dragone iniziato nella seconda parte dell'anno scorso sulla scia della crisi debitoria dell'Eurozona. Lo dimostrano inequivocabilmente due dati: nel primo trimestre 2012 l'economia cinese era cresciuta dell'8,1 per cento, quindi mezzo punto percentuale in più rispetto al quarter successivo; e nel primo semestre 2012, l'espansione congiunturale è stata pari al 7,8%, contro il 9,6% registrato nella prima metà del 2011.

La locomotiva cinese ha perso velocità per due ragioni. Uno: il calo delle esportazioni legato alla debolezza della domanda mondiale. Due: la profonda debolezza del settore immobiliare che, dopo anni di follie, da un anno a questa parte sta assistendo a un drammatico ridimensionamento. Come di consueto, l'Ufficio Statistico cinese non è prodigo di dati macroeconomici. Pechino, infatti, non fornisce la disaggregazione di alcuni indicatori fondamentali per la comprensione del trend economico dal lato della domanda, come i consumi privati, i consumi della pubblica amministrazione, le esportazioni nette, il livello delle scorte. Così, per valutare l'intensità relativa delle varie forze che nel secondo trimestre 2012 hanno spinto il prodotto interno lordo cinese, non resta che analizzare i pochi numeri disponibili annunciati da Pechino, peraltro su periodi non omogenei. Eccoli.

A giugno la produzione industriale è rimasta debole, registrando un incremento del 9,5% rispetto all'anno precedente, simile a quello di maggio. Un simile dato è considerato insoddisfacente (secondo i parametri cinesi, ovviamente) perché, negli ultimi vent'anni, è accaduto raramente che la produzione industriale mettesse a segno una crescita percentuale a una sola cifra per tre mesi consecutivi.
Anche l'espansione delle vendite al dettaglio (un indicatore da prendere con le pinze perché incorpora anche parte delle spese della pubblica amministrazione) hanno continuato a battere la fiacca: +13,7% a giugno, in linea con il mese precedente.


L'unica nota di cauto ottimismo viene dagli investimenti nominali fissi nelle aree urbane che, nel primo semestre 2012, sono aumentati del 20,4 per cento. Questo balzo in avanti, secondo le stime di alcuni analisti, sarebbe pari a un'espansione superiore al 21% nel mese di giugno, la terza mensile consecutiva.

La timida ripresina degli investimenti fissi, seppur a fronte di un settore immobiliare ancora stagnante, è stata innescata dalla ripartenza dei lavori pubblici, stimolata un po' in tutto il paese dalla riapertura delle linee di credito governative agli enti e alle amministrazioni locali.

Il peggio, comunque, dovrebbe essere passato. Tutti gli osservatori, infatti, sono concordi nel ritenere che tra aprile e giugno l'economia cinese abbia toccato il fondo. E che, grazie alle politiche fiscali espansive messe in atto di recente da Pechino, e forse grazie anche alla doppia riduzione del costo del denaro decisa dalla banca centrale nell'ultimo mese, nel terzo trimestre la congiuntura del gigante asiatico dovrebbe stabilizzarsi. Poi, nell'ultima parte dell'anno, l'economia del Dragone dovrebbe riprendere a crescere a un tasso superiore all'8 per cento

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