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Questo articolo è stato pubblicato il 13 luglio 2012 alle ore 06:41.
Valentino, un marchio comprato a peso d'oro e – mutatis mutandi – venduto a peso d'oro, visti i tempi che corrono. In mezzo, cinque anni di ristrutturazione aziendale guidata dall'amministratore delegato Stefano Sassi e assestamenti nell'ufficio stile, con conseguenti alterne fortune sul mercato e momenti in cui il futuro della storica maison romana e del gruppo a cui apparteneva sembravano affatto rosei. Da ieri è ufficiale: Valentino Fashion Group (Vfg, che comprende il marchio omonimo e la licenza per il marchio M Missoni), è passato per oltre 700 milioni di euro (i dettagli dell'operazione restano segreti) alla Mayhoola for Investment, società del Qatar riconducibile allo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani, Emiro e padrone assoluto del Paese, uno dei più ricchi e stabili dell'Opec. A vendere è stata la società lussemburgese Red&Black, che fa capo per l'80% al fondo londinese di private equity Permira e per il 20% ad alcuni membri della famiglia Marzotto, azionisti di minoranza dal 2007, quando la Red&Black acquistò Valentino Fashion Group per 2,6 miliardi. Un'operazione che, in quell'anno pre-crisi Lehman Brothers, stabilì un record in Europa e per la moda. Advisor di Permira sono stati questa volta Mediobanca e UniCredit e gli studi legali Bonelli Erede Pappalardo e Freshfileds Bruckhaus Deinger, mentre Mayholla ha avuto al suo fianco Perella Wieinberg Partners e lo studio Chiomenti.
Settecento milioni sono dunque una bella cifra, pari a oltre 25 volte il margine operativo lordo del 2011: lo scorso anno il fatturato della maison Valentino (esclusa la licenza M Missoni) è stato di 322,4 milioni (+48,1% sul 2010) con un ebitda di 22,1 milioni (quasi tre volte rispetto ai 7,5 milioni del 2010). Ottimo anche l'andamento nel primo semestre 2012, come anticipato da Stefano Sassi fin dalla metà di giugno, quando, in occasione di Pitti, a Firenze, si lasciò sfuggire per la prima volta che «Valentino è in vendita». Il fatturato del periodo gennaio-giugno è stato di 186 milioni (+23% sul 2011). I 700 e oltre milioni sono una bella cifra anche considerando le difficoltà che hanno caratterizzato la moda e persino il lusso nel 2012, giudicato spesso "aciclico" (basti pensare all'Ipo di Graff Diamonds, un marchio che vende gioielli del valore medio di 80mila euro, annunciata in grande stile e poi annullata in maggio, citando «avverse condizioni di mercato»). È certo una cifra ben diversa da quei 2,6 miliardi del 2007: l'operazione di cinque anni fa in realtà comprendeva due gioielli che, per ora, non prenderanno la vita del Qatar. Di Valentino Fashion Group fa parte anche MCS Marlboro Classic e nel 2007 c'era il 51% di Hugo Boss, che nel 2009, in occasione di una ristrutturazione del debito, fu scorporata e quotata a Francoforte, dove ora capitalizza circa 6 miliardi (Permira e i Marzotto possiedono circa i due terzi delle azioni Hugo Boss, il resto è flottante), con ricavi 2011 oltre i 2 miliardi e un ebitda di 469 milioni.
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