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Questo articolo è stato pubblicato il 14 luglio 2012 alle ore 08:19.


NEW YORK
«Quello che è successo ha scosso Jp Morgan Chase dalle fondamenta». Il Ceo Jamie Dimon non ha usato mezzi termini nel confermare l'entità delle perdite sulle attività di trading causate da scommesse sbagliate sui derivati: 4,4 miliardi di dollari nel secondo trimestre, già saliti fino a 5,8 miliardi fino a giovedì scorso, una cifra che tuttavia potrebbe ancora salire. E probabilmente salirà, nei prossimi mesi.
È andata male dunque rispetto ai 2 miliardi di dollari di stima iniziale, ma sarebbe potuta andare molto peggio: da quando il clamoroso buco della "Balena Londinese", Bruno Iksil, uno dei più importanti operatori del Cio, l'ufficio di Londra di Jp Morgan Chase, è venuto alla luce lo scorso 10 maggio, le stime delle perdite sono salite fino a 9 e anche 12 miliardi. Si tratta di capire se nei prossimi trimestri il buco "azzopperà" i bilanci del più importante istituto di credito americano (asset per 2.265 miliardi nel 2011).
Finora tuttavia l'impatto sui conti non è stato disastroso: nel secondo trimestre i profitti netti sono calati solo del 9% rispetto a un anno prima (a 4,96 miliardi di dollari, 1,21 dollari per azione), ma sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto ai primi tre mesi dell'anno (4,92 miliardi) e i ricavi sono calati del 16% a 22,9 miliardi, non molto distanti dai 26,75 miliardi del primo trimestre. Come mai? Le attività della banca, come ha detto lo stesso Dimon, «restano solide».
Guardiamo i numeri: il Cio ha generato perdite sul trading specifico di Iksil per 4,4 miliardi, ma ha anche avuto risultati positivi per un miliardo sui titoli; i servizi finanziari retail hanno generato profitti per netti per 2,3 miliardi, ben sopra i 383 milioni dell'anno prima; il portafoglio immobiliare ha generato un utile di 717 milioni (contro perdite nette per 66 milioni); i depositi sono cresciuti dell'8%; la divisione più tradizionale di banca commerciale ha incrementato le attività del 16%, mentre gli accantonamenti su perdite sono calati a 214 milioni di dollari (meno degli 1,81 miliardi dello stesso periodo dell'anno scorso e dei 726 milioni del primo trimestre). Gli utili complessivi hanno superato le stime degli analisti (70 cent per azione su ricavi per 21,79 miliardi), motivo per cui a Wall Street il titolo ha puntato con decisione verso l'alto, partendo in rialzo del 3,88% e arrivando a guadagnare quasi il 6 per cento.
Le perdite sul trading della divisione londinese avranno anche un impatto sui conti del primo trimestre, che saranno riesaminati e rivisti al ribasso. Il caso del Cio «solleva domande sull'integrità dei riferimenti usati» e suggerisce che alcune persone potrebbero «aver tentato di evitare di mostrare la reale entità delle perdite», si legge in una nota. L'istituto parla di una riduzione dell'utile inizialmente comunicato di 459 milioni (ad aprile si parlava di un totale netto di 4,92 miliardi), ma l'azione non dovrebbe incidere sui profitti e sul fatturato del primo semestre.
Resta comunque un forte danno di immagine per la credibilità della banca, considerata uno degli istituti meglio gestiti, e per Dimon personalmente, che si è trovato nell'imbarazzante posizione di dover dare giustificazioni per l'accaduto e ancora ieri parlava di «un caso isolato», di «mancanza di giudizio e di pessime decisioni». Jp Morgan ha già allontanato i diretti responsabili delle perdite della divisione londinese, lo stesso Iksil, Ina Drew, capo del Cio, che potrebbe dovere restituire una buona fetta dei propri compensi in azioni, Achilles Macris, senior trader, e il suo collega Javier Martin-Artajo. Ora si attendono i risultati dell'inchiesta interna avviata dalla banca, che sta esaminando email e telefonate e che è chiamata a chiarire responsabilità ed efficacia dei sistemi di monitoraggio e gestione del rischio. «Non prendiamo quanto è successo alla leggera e non sminuiamo i nostri errori», ha detto Dimon.
Sempre ieri Wells Fargo ha svelato una performance brillante: l'utile è cresciuto del 17% a 4,62 miliardi di dollari, grazie a un aumento delle attività bancarie collegate ai mutui (sono stati erogati mutui per 131 miliardi contro i 64 miliardi di un anno prima) e alla riduzione degli accantonamenti su perdite (1,8 miliardi, dai 2 miliardi del primo trimestre). L'utile per azione è cresciuto da 70 a 82 cent per azione, meglio degli 81 attesi. I ricabvi sono cresciuti del 4,4% a 21,29 miliardi di dollari.
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