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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2012 alle ore 06:43.

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Il raffreddarsi dell'economia cinese e la domanda sempre più fiacca di minerale di ferro – che ne ha fatto calare i prezzi ai minimi da 8 mesi sul mercato spot – non sembrano scoraggiare i grandi produttori della materia prima.
L'australiana Bhp Billiton ha comunicato ieri di aver prodotto 40,9 milioni di tonnellate nel trimestre aprile-giugno, il 15% in più rispetto allo stesso periodo del 2011. L'anno fiscale si è dunque chiuso con un output da primato – 159 milioni di tonn. – che la mineraria australiana promette di aumentare di un ulteriore 5% entro giugno 2013.
Nello stesso trimestre, secondo le cifre diffuse martedì, la concorrente Rio Tinto aveva estratto 48,6 milioni di tonn, in linea con lo stesso periodo di un anno prima (48,9 milioni di tonn), ma in crescita del 6,6% rispetto al trimestre precedente. Più eclatanti i risultati del terzo produttore australiano, Fortescue Metals Group, impegnato in un ambizioso piano di espansione: il suo output è cresciuto del 41% su base trimestrale, a 19,2 milioni di tonn. (di cui 17,1 milioni esportate). La mineraria guidata da Andrew Forrester ha inoltre confermato di puntare a raggiungere 155 milioni di tonn. l'anno, circa il triplo rispetto a oggi, entro luglio 2013, nonostante i costi per raggiungere l'obiettivo siano aumentati del 7% a 9 miliardi di dollari, per colpa dei cicloni, di parziali modifiche ai progetti e dei forti rincari di materiali e manodopera.
Il ceo di Rio Tinto, Tom Albanese, ha ammesso qualche inquietudine di fronte al futuro. «Le condizioni economiche globali e l'umore dei mercati sono peggiorati nettamente nel secondo trimestre – ha detto il manager – Stiamo tenendo d'occhio il ritmo della ripresa negli Usa, gli sviluppi della crisi nell'eurozona e l'impatto degli sforzi di stimolare l'economia cinese sui mercati che serviamo».
In generale, tuttavia, le grandi minerarie – pur avendo manifestato l'intenzione di razionalizzare gli investimenti – non sembrano intenzionate a tirare il freno sul minerale di ferro. Una scelta che comincia a destare qualche perplessità tra gli analisti: se la debolezza della domanda dovesse continuare, l'aumento dell'output nei prossimi 2-3 anni potrebbe rivelarsi eccessivo o comunque prematuro, tanto da dare potenzialmente luogo ad un surplus di offerta. Si spiega anche con queste perplessità la debolezza dei titoli delle big minerarie: Bhp ieri ha perso circa il 2%, nonostante abbia dato buone – e inattese notizie – anche sulla produzione di carbone da coke, aumentata lo scorso trimestre del 2% (a 8,1 milioni di tonn), a dispetto di scioperi e maltempo nel Queensland. Il giorno prima Rio aveva chiuso in ribasso del 3% ed entrambe alla Borsa di Sydney scontano una performance negativa di oltre il 10% nel 2012.
Il minerale di ferro per contro continua ad essere scambiato a prezzi storicamente elevati. A 129,40 $/tonnellata sul mercato spot cinese, è tuttavia sceso ai minimi dallo scorso novembre. E potrebbe calare ancora, considerato che gli acquisti sono molto ridotti. In Cina gli impianti siderurgici stanno finalmente rallentando il ritmo, in risposta alla debolezza della domanda e in giugno le importazioni di minerale di ferro – benché robuste – risultavano in calo dell'8,7% rispetto a maggio (a 58,3 milioni di tonn).
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