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Questo articolo è stato pubblicato il 19 luglio 2012 alle ore 06:42.

Fortuna o di lungimiranza? Chissà. Fatto sta che per il Comune di Milano chiudere la questione dei derivati lo scorso marzo, prima che il processo entrasse nel vivo e il pm avanzasse richieste così pesanti, è stato provvidenziale. Per vari motivi.
Quattro mesi fa gli istituti di credito, ignari di ciò che sarebbe successo nei mesi successivi ma desiderosi di alleggerire la loro posizione nelle aule del tribunale, hanno guardato in modo favorevole alla possibilità di chiudere il processo sotto il profilo amministrativo e trattare con la Pa. Sperando, peraltro, che questa "buona condotta" avrebbe poi condizionato positivamente anche l'ambito penale.
Con questo obiettivo, Deutsche Bank, Ubs, Jp Morgan e Depfa Bank hanno chiuso degli Irs con mark to market positivo per Palazzo Marino, sborsando 455 milioni. Sono intanto rimasti congelati i Cds, con mark to market negativi.
In cambio il Comune ha dovuto rinunciare alla costituzione di parte civile, ma di fronte alla possibilità di recuperare i costi occulti (100 milioni) e ricevere un'entrata consistente (capace da sola di riassestare buona parte dei conti pubblici e permettere all'amministrazione di rispettare il patto di stabilità), i vertici di Palazzo Marino non hanno esitato di fronte a questioni di principio poco produttive.
Ben diverso sarebbe se l'accordo di chiusura degli Irs venisse firmato oggi. Le banche, non più così sicure di vincere il processo, non sarebbero più così ben disposte nei confronti del Comune, e probabilmente allungherebbero le trattative. Ma anche se fossero sicure di vincere, per il Comune si metterebbe male: quale banca sarebbe infatti disposta a pagare con una sentenza favorevole? Stavolta Palazzo Marino è stato tempestivo, sfruttando il fattore "A", l'Ansia di fronte ad un contenzioso.
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