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Questo articolo è stato pubblicato il 21 luglio 2012 alle ore 08:20.

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LONDRA. Dal nostro corrispondente
La fusione fra gli sconfitti, dicono che non si farà. London stock exchange si barrica dietro l'inevitabile «no comment», il Singapore stock exchange - entrambi più noti con gli acronimi Lse e Sgx - va più in là e diffonde un comunicato per dire che l'abbraccio dalla Manica al Sud est asiatico con tappa milanese, piazza Affari, dove ha sede Borsa Italiana parte del gruppo londinese, è, quantomeno, una fuga in avanti.
«Sgx non ha avviato negoziati con Lse su una possibile fusione, ma restiamo aperti a forme di collaborazione e partnership a beneficio della società e degli azionisti». Il caso nasce dai rumors raccolti dal Daily Telegraph che ha lanciato la notizia di «colloqui in corso» fra le due Borse per una fusione da 7,2 miliardi di sterline. Cifra che è la somma della capitalizzazione dei due stock exchange e che induce a cambiare i termini, ovvero più che di merger si tratterebbe di un'acquisizione perchè Sgx veleggia sui 4,4 miliardi di valore di mercato a fronte dei 2,8 di London stock. Non solo, ma secondo le indiscrezioni di stampa, sarebbe stato anche definito un prezzo per azione di Lse con un forte premio rispetto alla chiusura dell'altro ieri (13,50 il teorico prezzo del takeover a fronte di una chiusura a 10,2 di due giorni fa e poco sopra le 10 sterline ieri).
La fuga in avanti è evidente, ma che ci siano stati colloqui ai massimi livelli fra i due listini è molto probabile. Al centro delle chiacchiere fra Xavier Rolet, ceo di Lse, e Magnus Boecker di Sgx c'è stata in realtà la creazione del cosiddetto "international board" che consente alle due Borse di ospitare sulle piattaforme di un listino una selezione di titoli quotati nell'altro. La collaborazione è destinata a da approfondirsi condividendo servizi e prodotti in una sorta di metaforica super-light merger. Sarà questo l'inizio di intese radicali? Lo scenario resta possibile, ma le due società lo dovranno valutare con estrema cautela. Entrambe escono battute dalle precedenti scorribande per dare sostanza a quella voglia di consolidamento che ha attraversato gli stock exchange molti mesi fa. Singapore cercò di affermarsi come il dominus dell'Asia meridionale lanciando una fusione da quasi 8 miliardi di dollari con la Borsa australiana, ma fu costretta a battere in ritirata sotto la spinta delle autorità di Canberra sensibilissime alla prospettiva di perdere il controllo sul listino nazionale. Considerazioni non troppo dissimili - difesa a oltranza del campione di casa - fecero saltare per aria un deal che pareva invece destinato al successo, ovvero l'abbraccio fra il gruppo londinese, con la sua dote milanese dopo la fusione con Piazza Affari, e il Tmx canadese. Un'operazione da 2,3 miliardi di dollari che però avrebbe creato una società capace di avere assoluta leadership in aree specifiche di mercato.
Non se ne fece nulla e quei precedenti pesano sulle mosse che i due listini sono disposti a deliberare. Fra l'altro pesa il rischio di un niet dei regolatori. Se il deal fra Nyse-Euronext e Deutsche Borse è saltato per aria lo si deve all'intervento della Commissione europea decisa mettere paletti alla voglia di consolidamento. Per questo pare destinata a prevalere la linea delle intese bilaterali fra Sgx e Lse piuttosto che la piena fusione. Condividendo servizi, come abbiamo visto, ma anche avventure. Singapore e Londra hanno lanciato insieme, mesi fa, l'offensiva sul London metal exchange finendo battuti da Hong Kong. Il sodalizio è destinato a continuare senza porre alcun limite a futuribili scenari finali.
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