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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2012 alle ore 06:44.

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La mappa mensile di giugno di Assogestioni delinea un brutto quadro per l'industria del risparmio gestito: dai fondi comuni di investimento e dalle gestioni patrimoniali sono usciti 4,6 miliardi di euro. Il saldo tra sottoscrizioni e riscatti chiude un semestre caratterizzato dalle vendite; infatti, i deflussi netti totali da gennaio ammontano a 10,1 miliardi di euro (5,9 dalle gestioni e 4,2 dai fondi).

Il patrimonio, tuttavia, cresce a 954,3 miliardi dai 950,9 di maggio (+0,3%) e dai 948 di inizio anno, grazie al recupero di alcuni mercati azionari e dei prezzi dei titoli di Stato dei Paesi periferici rispetto a valori più depressi del mese precedente e di fine 2011.

I rimbalzi dei mercati non sono sufficienti a trattenere gli investitori nei prodotti collettivi di risparmio: né i sottoscrittori privati, messi alla prova dalle oscillazioni di azioni e obbligazioni e dal nuovo inasprimento della crisi dei debiti sovrani; né quelli istituzionali, che alleggeriscono le posizioni in previsione della pausa estiva; la diminuzione degli scambi, infatti, potrebbe creare ancora più volatilità sui listini, come è avvenuto nelle ultime stagioni di vacanza.

In realtà, i timori per l'andamento dei mercati finanziari si inseriscono in un processo di ridimensionamento del settore in atto da anni, perché le stesse banche a capo delle società di gestione che ne avevano decretato il boom a partire dagli anni '80 lo stanno abbandonando. Agli sportelli si vendono più polizze o obbligazioni che rastrellano liquidità vincolata - e quindi a disposizione dell'intermediario - e che fruttano maggiori commissioni. Ed è da quei forzieri che continua l'emorragia; tant'è che a giugno si ripete un copione noto agli osservatori dell'industria e il grosso del deficit di raccolta da fondi e gestioni (3 miliardi su 4,6 a giugno) si ascrive ai gruppi più importanti per masse gestite in Italia: Intesa Sanpaolo perde 1,6 miliardi di euro, Pioneer- Gr.Unicredit 1 miliardo, Generali -510 milioni. Viceversa, rimangono in attivo, sebbene su ordini di grandezza inferiori, società che contano su una struttura distributiva propria o su accordi di commercializzazione con terzi: Poste Italiane che dispone di una rete capillare di filiali ha incassato 268 milioni (questa volta tuttavia più attraverso gestioni istituzionali che tramite prodotti per privati), Franklin Templeton Investments 226 milioni, il Gruppo Azimut 191 milioni.

Rispetto a maggio il rosso si è moltiplicato sia per le gestioni patrimoniali (da -722 milioni a -2,8 miliardi, di cui -1,7 da investitori istituzionali) sia per i fondi comuni di investimento (da -434 milioni a -1,9 miliardi).

Le gestioni collettive sono zavorrate dai prodotti di diritto italiano (-2 miliardi e -11,2 da gennaio) a conferma della decadenza dei big del made in Italy, ma anche quelli registrati oltre confine a giugno riscuotono poco successo (+120 milioni, +6 miliardi nel 2012). Le fuoriuscite si spalmano su tutte le categorie (-767 milioni gli azionari, -676 i flessibili, -621 i monetari, -170 gli hedge, -140 i bilanciati) tranne che sugli obbligazionari, che hanno raccolto 498 milioni di euro. Secondo i dati disponibili solo per i fondi italiani, la domanda si è indirizzata a emissioni fuori dall'area euro o societarie, oltre che a prodotti a cedola o con obiettivi temporali determinati.

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