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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2012 alle ore 06:43.

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Il documento trovato dalla Procura milanese nella cassaforte dell'avvocato Cristina Rossello porta la data del 17 maggio. Il giorno prima Jonella Ligresti, accompagnata dal padre Salvatore, si era recata alla sede di Mediobanca, in Piazzetta Cuccia, per rappresentare all'amministratore delegato Alberto Nagel l'elenco delle richieste della famiglia per farsi da parte e consegnare le chiavi di FonSai a Unipol. Un elenco scritto a mano sulle due facciate di un foglietto a quadretti dove si faceva riferimento ai 43 milioni che i Ligresti avrebbero dovuto ottenere esercitando il diritto di recesso nell'ambito delle fusioni programmate con il gruppo cooperativo di Bologna, ma anche ad altre pretese per rimpinguare la "liquidazione": terreni e immobili, buonuscita per Jonella (presidente di FonSai), posti di lavoro per gli altri fratelli Paolo e Giulia, le vacanze gratis per tutta la famiglia al Tanka village in Sardegna, l'uso ufficio per la segretaria di Salvatore Ligresti.

Da Mediobanca fanno sapere che quell'incontro non ha avuto seguito, nè nell'immediato, nè in termini di impegno per il futuro, in quanto non esistevano i presupposti per alcuna trattativa e la banca non era la controparte dell'operazione cui rivolgere le richieste. «Nessun accordo con i Ligresti, nè mai firmato documenti», precisano quindi dalla banca d'affari milanese per conto dell'ad, che probabilmente nei prossimi giorni sarà ascoltato dai magistrati. Sia Unipol che UniCredit, da parte loro, hanno negato di aver mai saputo alcunchè.
Ma come è finito quel documento nella cassaforte dell'avvocato Rossello, che è segretario del patto di sindacato di Mediobanca? In questa vicenda la Rossello, storica collaboratrice di Ariberto Mignoli (a lungo presidente del patto dell'istituto), ha anche la veste di legale incaricata da Jonella per un ruolo di mediazione.

Fatto sta che la Consob ha la necessità di chiarire, anche dal suo punto di vista, la vicenda, considerato che la prima delibera della Commissione, quella del 24 maggio, subordinava l'ok all'esenzione dall'Opa su Premafin e FonSai al fatto che non fossero concessi agli azionisti di riferimento nè recesso, nè manleva. Ora, sotto questo profilo, non ha importanza quali accordi fossero eventualmente intercorsi prima di quella data, ma se esistono patti occulti volti ad aggirare le disposizioni date dalla Consob il 24 maggio.
L'Authority presieduta da Giuseppe Vegas, che è già in contatto con la Procura di Milano, chiederà anzitutto di acquisire copia della lettera sequestrata e presumibilmente convocherà le parti per avere la loro versione dei fatti.

Se la versione di Mediobanca risulterà corretta, non cambierà nulla nella travagliata operazione in corso Unipol-FonSai. Ma se si accertasse l'esistenza di un patto occulto verrebbero meno i presupposti che hanno portato a concedere l'esenzione dall'Opa. Con la conseguenza che ci si potrebbe trovare nella situazione paradossale di un soggetto, Unipol, che dovrebbe promuovere un'Opa a cascata per accordi che sostiene di non conoscere. Oppure di un altro soggetto, Mediobanca, che dovrebbe promuovere un'Opa su una società FonSai che non potrebbe mai controllare per vincoli di Antitrust, essendo riconosciuta come l'azionista di riferimento di Generali.

La Consob, del resto, è stata chiara. «L'esenzione dall'obbligo di Opa – scriveva a fine maggio – non è applicabile ogni qualvolta vi siano benefici di natura economica concessi dal nuovo soggetto controllante ai vecchi azionisti di controllo, ulteriori rispetto a quelli derivanti dal semplice salvataggio delle società in crisi a seguito dell'aumento di capitale». E ancora, il 20 luglio scorso, nel prendere atto della revoca dei benefici inizialmente concessi da Unipol ai Ligresti, che avrebbe valutato «ogni altro eventuale elemento che dovesse emergere sia da atti negoziali che dai comportamenti concreti dei soggetti coinvolti al fine di verificare l'effettiva attuazione di tale volontà».

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