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Questo articolo è stato pubblicato il 21 agosto 2012 alle ore 08:45.

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I grandi investitori stanno scappando da Groupon, la società Internet precipitata in Borsa la scorsa settimana sulla scia di risultati finanziari preoccupanti e incerte prospettive di crescita. Almeno tre venture capitalist che avevano finanziato l'azienda prima del suo debutto in Borsa nove mesi fa hanno liquidato o drasticamente ridotto la loro partecipazione, una plateale dichiarazione di sfiducia nelle capacità di crescita della società di Chicago. Questa dichiarazione di sfiducia riapre così il dibattito sulle valutazioni esagerate regalate da Wall Street all'ultima infornata di società Internet collocate in Borsa, prima fra tutte la regina dei social media Facebook.

Ieri è emerso che la Andreessen Horowitz del fondatore di Netscape Communications Marc Andreessen ha venduto tra giugno e agosto tutte le azioni Groupon in suo possesso (5,1 milioni in totale) incassando 14 milioni di dollari in più dei 40 investiti l'anno scorso; la Fidelity ha venduto invece un terzo della sua quota, 13,2 milioni di azioni, tra marzo e giugno; nello stesso periodo la Maverick Capital si è disfatta di circa 4 milioni di azioni, due terzi della sua partecipazione iniziale.

Non tutti i grandi investitori stanno fuggendo da Groupon, tuttavia. La società di venture capital Kleiner Perkins ha mantenuto intatta la sua quota di 8,2 milioni di azioni, mentre la Morgan Stanley e la T. Rowe Price hanno addirittura accresciuto le loro negli ultimi tre mesi. Ma il titolo di Groupon continua a scivolare in Borsa anche dopo il tonfo del 27% di martedì scorso. Nei giorni scorsi ha ceduto un altro 14% e ieri ha solo recuperato leggermente per consolidarsi intorno a 4,8 dollari per azione.
Gli ultimi bilanci di Groupon, una società che vende online buoni sconto a gruppi di consumatori, avevano rivelato la settimana scorsa esorbitanti investimenti nel marketing, un calo del 7% delle vendite di coupon nel secondo trimestre e una diminuzione anche nell'ammontare medio speso dai clienti abituali.

Alcuni analisti hanno concluso che il segmento dei coupon online è probabilmente ormai maturo, una considerazione dalle gravi ripercussioni per un'azienda fondata solo quattro anni fa. La crisi di Groupon riapre intanto la discussione sulle valutazioni date da Wall Street a numerose società Internet collocate negli ultimi mesi. Con l'eccezione di LinkedIn, le aspettative degli investitori sono state deluse e tutte le società sono state punite in Borsa perdendo percentuali comprese tra il 15% e l'87% del loro valore di mercato al momento dell'Initial Public Offering. Gli occhi sono puntati soprattutto su Facebook, entrata in Borsa in maggio con la più alta valutazione mai registrata per una società Internet, 104 miliardi di dollari. Oggi ne vale solo 42 e nonostante il leggero recupero di ieri molti temono nuovi scivoloni, ora che è scaduto il divieto di vendere per molti investitori iniziali.

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