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Questo articolo è stato pubblicato il 28 agosto 2012 alle ore 06:42.

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MILANO
La Borsa ha sostanzialmente ignorato, dopo la reazione istintiva iniziale, l'enfasi con cui nel fine settimana il Wall Street Journal e il Financial Times hanno pubblicato la notizia delle indagini avviate nel 2011 dalle autorità americane su UniCredit per alcune transazioni che coinvolgono soggetti iraniani e in quanto tali sottoposti ad embargo. Il sospetto è che siano state violate le norme statunitensi sul finanziamento al terrorismo internazionale e sull'antiriciclaggio. Il titolo UniCredit ha chiuso in rialzo dell'1,1% a 3,136 euro, contribuendo insieme agli altri bancari alla performance di Piazza Affari.
L'indagine della Procura distrettuale di New York riguarda operazioni della controllata tedesca Unicredit bank A.G (ex Hypovereinsbank) ed era già stata comunicata al mercato nel prospetto dell'aumento di capitale il 5 gennaio scorso. A dire il vero, in quel documento non veniva citato l'Iran, ma genericamente «determinati Paesi esteri, cittadini e altre entità» oggetto di sanzioni economiche. L'informazione era stata poi riportata sia nella relazione annuale che nella semestrale pubblicata il 10 agosto scorso.
Nulla di nuovo, dunque, per gli investitori nè per i clienti di UniCredit che operano con l'Iran: proprio alla luce dell'indagine americana, dall'inizio di aprile la banca aveva informato le associazioni delle imprese di aver interrotto qualsiasi attività che coinvolgesse soggetti iraniani. Un comportamento analogo a quello adottato da tempo da Intesa Sanpaolo per la quale solo a giugno scorso si è chiuso, senza sanzioni, il capitolo penale di una vicenda analoga aperta dal 2008. Per Intesa resta in piedi un procedimento amministrativo.
Unicredit, dunque, è solo uno dei tanti istituti europei finiti nel mirino dell'Ofac, l'autorità di controllo degli scambi con l'estero del Tesoro statunitense, che poi chiama in causa il procuratore distrettuale. L'offensiva delle autorità americane sulle transazioni finanziarie potenzialmente in grado di favorire il terrorismo attraverso finanziamenti camuffati o il riciclaggio sta allungando la lista delle banche sotto inchiesta che sono ormai una quindicina. Nelle ultime settimane si sono aggiunti all'elenco i nomi di due istituti britannici (Royal Bank of Scotland e Standard Chartered) e quello di Deutsche Bank. Standard Chartered ha pagato una multa di 340 milioni di dollari al Dipartimento dei servizi finanziari dello stato di New York e sta trattando con le altre autorità americane per chiudere definitivamente la questione. Per Royal Bank of Scotland si tratta del secondo "incidente" sull'Iran: due anni fa era stata costretta a pagare una multa di 500 milioni di dollari per le attività di Abn Amro giudicate irregolari dagli Stati Uniti. Ancora più alta era stata la sanzione inflitta a Credit Suisse (536 milioni) mentre Loyds Tsb e Barclays hanno pagato rispettivamente 350 e 298 milioni.
Si comprende, perciò, la cautela di Unicredit che nel paragrafo "rischi legali" della relazione semestrale avverte come non sia possibile prevedere tempi e costi dell'indagine. Sulla base dei predecenti, infatti, si va dall'archiviazione dopo quattro anni d'inchiesta a sanzioni da mezzo miliardo di dollari con revoca della licenza di svolgere attività bancaria negli Usa.
L'intransigenza statunitense nei confronti delle banche che operano con l'Iran sta creando molte difficoltà alle imprese europee che non trovano istituti disposti a riscuotere le lettere di credito emesse da soggetti iraniani. Un allentamento dell'embargo potrebbe essere la moneta di scambio americana per convincere Teheran a togliere il sostegno al regime siriano. Ma c'è anche chi teme che il filo di lama su cui si muove la diplomazia nello scacchiere mediorientale possa addirittura portare un'ulteriore stretta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
@chigiu
I NUMERI

+1,1%
UniCredit in Borsa
UniCredit non ha risentito ieri a Piazza Affari della notizia sull'avvio dell'indagine negli Stati Uniti per violazione dell'embargo con l'Iran: il titolo ha guadagnato l'1,1% chiudendo a 3,136 euro.
340 milioni $
Standard Chartered
Standard Chartered ha pagato una multa di 340 milioni di dollari al Dipartimento dei servizi finanziari dello stato di New York e sta trattando con le altre autorità americane per chiudere definitivamente la questione.
500 milioni $
Royal Bank of Scotland
Per Rbs si tratta del secondo coinvolgimento sull'Iran: due anni fa era stata costretta a pagare una multa di 500 milioni di dollari per le attività di Abn Amro giudicate irregolari dagli Usa.

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