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Questo articolo è stato pubblicato il 30 agosto 2012 alle ore 06:42.

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Su Shtokman Gazprom ha gettato la spugna. Il maxi-giacimento di gas, racchiuso negli abissi del mare di Barents, oltre il Circolo polare artico, non verrà sviluppato finché la situazione non si farà più propizia. In pratica, ha chiarito un portavoce della società russa, «quando saliranno i prezzi del gas oppure scenderanno i costi di realizzazione». Condizioni che potrebbero tradursi in molti anni di attesa. L'investimento necessario è infatti stimato tra 25 e 30 miliardi di dollari. Inoltre, la rivoluzione dello shale gas negli Stati Uniti – individuati anni fa come destinazione primaria per le forniture di Shtokman – ha probabilmente cambiato in modo strutturale gli equilibri sul mercato.
L'epilogo non era del tutto imprevedibile, dopo le infinite discussioni che hanno impegnato per anni – senza alcun esito – i partner del consorzio di sviluppo: Gazprom stessa, con il 51%, la francese Total (25%) e la norvegese Statoil (24%). L'ultima deadline per la decisione di investimento è passata lo scorso 30 giugno senza novità, salvo la riconsegna ai russi della quota in Shtokman Development da parte di Statoil: una semplice formalità alla vigilia del rinnovo degli accordi, aveva sminuito la società norvegese, che però aveva sùbito operato in bilancio una svalutazione da 2 miliardi di corone (274 milioni di €).
Per tutta l'estate si è vociferato di un ingresso nel consorzio di Royal Dutch Shell, forse proprio al posto di Statoil. Ma anche su questo fronte non è poi accaduto nulla, benché Gazprom abbia confermato l'interesse della compagnia anglo-olandese, esperta nel settore del Gas naturale liquefatto (Gnl) e già socia del gigante russo in Sakhalin-2.
Ieri l'annuncio choc, per bocca di Vsevolod Cherepanov, responsabile della produzione di Gazprom: «Tutte le parti coinvolte sono giunte alla conclusione che i finanziamenti richiesti dal progetto sono troppo alti per essere affrontati in questo momento». Di certo, ha affermato il dirigente, l'investimento non verrà approvato prima del 2014. Anche perché i problemi non sono solo di ordine economico, ma anche tecnico: bisogna trovare un sistema di liquefazione del gas adatto ad essere impiegato in condizioni climatiche estreme e decidere se utilizzare impianti galleggianti o sottomarini. «Stiamo raccogliendo nuovi dati. Non dovremmo prendere decisioni affrettate».
Scoperto nel 1988, in era sovietica, Shtokman è sempre stato una sorta di chimera. Il deposito è uno dei più ricchi della Terra: le sue riserve, pari a 3.800 miliardi di metri cubi di gas, potrebbero rifornire il mondo intero per oltre un anno. La messa in produzione tuttavia è una sfida difficilissima: le risorse si trovano a 550 km dalla costa e 340 metri di profondità, in acque quasi sempre ghiacciate. Gazprom ha provato a lungo a svilupparlo da sola, ma poi si è rassegnata ad avvalersi di partner stranieri. La versione più recente del consorzio, costituita nel 2008, prometteva inizialmente di avviare la produzione nel 2012, con forniture via pipeline cui nel 2013 si sarebbe aggiunto il Gnl. L'avvio era poi slittato più volte, fino al 2016-2017.
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