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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2012 alle ore 06:39.

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Il crollo dei prezzi dei minerali ferrosi sta diventando sempre più drammatico. Pochi giorni dopo aver sfondato al ribasso la soglia psicologica dei 100 dollari per tonnellata, sul mercato spot si è scesi sotto quota 90: ieri The Steel Index indicava 88,70 $/tonn, il minimo da ottobre 2009. Da luglio il valore della materia prima, utilizzata in siderurgia, si è ridotto di un terzo e gli esperti sostengono che la discesa non è ancora terminata: alcuni analisti ritengono che si possa arrivare fino a 65-70 $, prima di una lenta risalita, che forse non si verificherà fino al 2013. È di questo parere, del resto, anche Baosteel, il maggiore produttore di acciaio cinese, che ha avvertito di attendersi ulteriori ribassi nel secondo semestre, legati non solo alla bassa richiesta di Pechino, ma anche all'arrivo sul mercato di 50 milioni di tonnellate di nuove forniture, frutto di progetti di espansione della capacità estrattiva.
Le importazioni della Cina potrebbero rimanere depresse a lungo: alcuni dirigenti dell'industria siderurgica locale, riuniti per un convegno, hanno dichiarato di attendersi 3-5 anni di debolezza per il settore dell'acciaio, che in questo periodo sta soffrendo in modo particolare. La domanda è bassa, i prezzi di vendita sono ai minimi da tre anni e – secondo la China Iron & Steel Association – il settore ha registrato complessivamente margini di appena lo 0,03% nei primi sette mesi dell'anno.
Il periodo nero per le minerarie australiane, che hanno già annunciato rallentamenti negli investimenti, sembra quindi destinato a prolungarsi e addirittura ad aggravarsi, considerato che il minerale di ferro è la loro prima fonte di profitti (oltre che la principale voce dell'export australiano, insieme al carbone). I prezzi di Borsa delle maggiori compagnie del settore risentono di questo clima: Rio Tinto ha perso ieri il 3,8% a Sydney, chiudendo ai minimi da luglio 2009 (48,63 A$), mentre la concorrente Bhp Billiton è scivolata del 2,4 per cento. Nel mirino c'è anche Fortescue Minerals, che secondo gli analisti di Liberum avrebbe costi produttivi di 79 $/tonn, ormai molto vicini ai prezzi di vendita dei minerali ferrosi.
«Non mi aspetto una ripresa della domanda prima della fine della stagione estiva - afferma Glyn Lawcock, di Ubs – I prezzi del minerale di ferro dovrebbereo quindi restare bassi almeno fino a ottobre». Lawcock prevede comunque un miglioramento nel medio periodo, quando entreranno nella fase di appalto numerosi progetti infrastrutturali che sono stati approvati in Cina nel secondo trimestre. La ripresa dell'attività di costruzione, nell'ultimo trimestre dell'anno, dovrebbe poi ripartire portando nuova linfa ai corsi dei minerali ferrosi, che potrebbero tornare intorno a 120 $/tonn. entro Natale. Ancora più ottimista è Natalie Rampono di Anz: «Non credo che i prezzi restino sotto 120 $ per più di un paio di mesi. Non appena la sovrapproduzione cinese calerà, li vedremo risalire».
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