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Questo articolo è stato pubblicato il 31 agosto 2012 alle ore 06:39.

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LONDRA
Battesimo del fuoco per Antony Jenkins: il nuovo amministratore delegato di Barclays, nominato ieri all'unanimità dal consiglio di amministrazione, deve subito affrontare una nuova crisi. Dopo lo scandalo Libor, che era costato l'incarico al precedessore Bob Diamond, la banca britannica è ora nel mirino del Serious Fraud Office che ha aperto un'indagine penale sui rapporti con il fondo sovrano del Qatar, che nel 2008, all'apice della crisi finanziaria, aveva investito due miliardi di sterline in Barclays.
Jenkins è una scelta interna ma non è stato scalfito da alcuno scandalo. Dopo avere iniziato la sua carriera a Barclays era passato alla rivale Citi per qualche anno per poi tornare alla banca britannica. Membro del consiglio di amministrazione dal 2009, è stato negli ultimi anni responsabile della divisione retail e business.
Il nuovo Ceo si è detto «molto orgoglioso» dell'incarico ricevuto e si è impegnato a fare di tutto per riparare i danni subìti dalla reputazione della banca. «Abbiamo fatto dei gravi errori negli ultimi anni e chiaramente siamo venuti meno alle aspettative dei nostri azionisti» ha dichiarato ieri. «Sarebbe sbagliato ignorare le cose che sono successe in passato. Dobbiamo modificare la nostra cultura e trasformare il modo in cui gestiamo il nostro business».
In giugno Barclays era stata la prima banca ad avere ammesso il suo ruolo nella manipolazione del tasso interbancario e aveva pagato una multa di 290 milioni di sterline alle autorità britanniche e americane. Lo scandalo aveva portato alle dimissioni di Diamond e del chief operating officer Jerry del Missier. Anche il presidente Marcus Agius aveva annunciato che avrebbe lasciato l'incarico subito dopo la nomina di un nuovo Ceo. David Walker, un rispettato veterano della City, assumerà il ruolo in novembre.
Secondo alcuni analisti Barclays avrebbe dovuto scegliere una persona esterna per dare un segnale chiaro di voler voltare pagina. Secondo altri invece Jenkins rappresenta un giusto compromesso tra la volontà di premiare un interno - anche per alzare il morale dei dipendenti - e la necessità di inviare un messaggio di cambiamento. Con la nomina del nuovo Ceo Barclays prende chiaramente le distanze dall'investment banking che era il «regno» di Diamond e che ha causato grandi problemi per la banca. La divisione IB però ha anche contribuito con il 54% degli utili nel primo semestre 2012 e alcuni azionisti temono che Jenkins, che non ha mai lavorato nel settore, possa ridimensionarlo rischiando di uccidere la «gallina dalle uova d'oro».
Jenkins per ora ha detto che la sua priorità è collaborare con gli inquirenti e le autorità per stabilizzare la banca, anche a costo di avere target di reddività meno ambiziosi. «È importante avere progetti credibili», ha spiegato ieri. Il suo stipendio annuale sarà di 1,1 milioni di sterline con un massimo di 2,75 milioni di bonus annuale, ha fatto sapere Barclays per evitare le polemiche che avevano accompagnato i «superbonus» di Diamond. Il nuovo amministratore delegato, un 51enne inglese pacato e schivo, ha anche un approccio molto diverso dal suo predecessore americano, spesso criticato per il suo stile aggressivo.
Jenkins dovrà mettere alla prova tutte le sue doti di diplomatico per gestire l'ennesima crisi. L'indagine penale del Serious Fraud Office (Sfo) su pagamenti di circa 40 milioni di sterline fatti nel 2008 da Barclays a Qatar Holding, parte del fondo sovrano del Qatar, potrebbe avere conseguenze gravi per la banca. Gli accordi commerciali tra banca e fondo sovrano erano giá oggetto di un'inchiesta aperta il mese scorso dalla Financial Services Authority (Fsa), l'ente di vigilanza del settore. Mentre l'inchiesta dell'Fsa puntava su quattro dirigenti di Barclays, quella dell'Sfo riguarda tutta la banca. L'intervento da 2 miliardi di sterline del Qatar, che resta il maggiore azionista con una quota del 6,65%, aveva evitato a Barclays di finire sotto il controllo del Tesoro britannico come Royal Bank of Scotland e Lloyds.
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