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Questo articolo è stato pubblicato il 13 settembre 2012 alle ore 22:52.
La Federal Reserve fa bene a Wall Street (e agli altri mercati), che si è portata ai massimi in molti anni. Ben Bernanke ha fatto esattamente quello che i trader si aspettavano: ha agito, dopo che la Banca centrale europea aveva dettato la strada nello stesso senso. La Fed ha lasciato i tassi fermi ai minimi storici (e ci resteranno fino a metà 2015), ha prolungato l'operazione twist e ha dato avvio al terzo round di quantitative easing per l'acquisto di bond (40 miliardi di dollari al mese).
Fino a quando? Finché ce ne sarà bisogno, ovvero finché la ripresa americana non poggerà su basi più solide e sarà abbastanza rapida da fare abbassare un tasso di disoccupazione ancora troppo alto. La Fed ha tagliato le stime sul Pil per il 2012 ma, guardando avanti, ha scelto la via dell'ottimismo, alzando le previsioni per i prossimi due anni. Questo è piaciuto ai listini, con il Dow Jones che ha chiuso in rialzo dell'1,55% a 13.539,86 punti (il massimo da dicembre 2007), il Nasdaq è salito dell'1,33% a 3.155,83 punti (il punto più alto dal 15 novembre 2000) e lo S&P è cresciuto dell'1,63% a 1.459,99 punti (il massimo da fine dicembre 2007).
A passo spedito soprattutto i titoli finanziari, con le banche in grande spolvero: Citigroup ha segnato un aumento del 4,24%, Goldman Sachs del 2,06%, Morgan Stanley del 2,76% e Jp Morgan del 3,71%. Quest'ultima, in particolare, con il rally di oggi è riuscita ad annullare i ribassi provocati lo scorso maggio dallo scandalo della "balena londinese" e del buco provocato da scommesse sbagliate sui derivati.
Bene anche i tecnologici, trainati dalla solita Apple (+1,97%), che all'indomani della presentazione del nuovo iPhone 5 ha riaggiornato al rialzo il massimo intraday a 685,50 dollari per azione, con un valore di mercato superiore ai 640 miliardi di dollari.
Tra le rivali, Google (+2,19%) ha capitalizzato sulla buona giornata di Wall Street, mentre Microsoft (+0,50%) e Intel (+0,71%) hanno faticato a tenere il passo.
L'effetto-Fed si è fatto sentire anche sugli altri mercati: il petrolio ha terminato in aumento al massimo in oltre quattro mesi (+1,3% a 98,31 dollari al barile), mentre l'oro ha finito al massimo in sette mesi (+2,2% a 1.772,10 dollari l'oncia).
In ribasso invece il biglietto verde, scivolato al minimo da maggio sulla moneta unica, che ha superato la soglia degli 1,30 dollari (l'euro è salito a 1,3001 dollari). Contrastati infine i titoli di stato, con i rendimenti decennali scesi all'1,73% e i trentennali in rialzo al 2,93 per cento.
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