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Questo articolo è stato pubblicato il 18 settembre 2012 alle ore 06:41.

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Un miliardo e 300 milioni di svalutazioni già fatte e altri 700 milioni di perdite potenziali se il titolo Mediobanca non tornerà a quota 7-8 euro nei prossimi mesi. È il conto delle perdite subite dai grandi soci della banca d'affari o meglio il prezzo salato per sedere nel salotto buono. Ed è un fatto che al di là dell'affaire Ligresti (superato per ora) l'ad Alberto Nagel è atteso giovedì a un altro delicato passaggio. Mediobanca presenterà i conti del 2012 (che si è chiuso a giugno) e di certo non saranno brillanti. Complice il forte calo delle Borse e quindi del valore delle partecipazioni, da Generali a Rcs a Telecom scese ai loro minimi storici, il risultato netto non si discosterà molto da quel -78% di contrazione registrato nei primi nove mesi dell'esercizio. Ma cosa non funziona in piazzetta Cuccia? Non certo l'attività bancaria. Quella procede, con il margine d'intermediazione in linea con quello di 12 mesi addietro. I veri problemi sono concentrati sul portafoglio partecipazioni, l'epicentro del salotto buono italiano. Un portafoglio che – complice le cadute di valore dei gioielli Generali, Rcs, Telecom Italia – vale sempre meno. Basti pensare che durante l'estate, quando il titolo Generali è sceso sotto i 10 euro, Mediobanca ha registrato per la prima volta nella sua storia una minusvalenza potenziale sul valore di carico delle azioni Generali iscritte a bilancio per 2 miliardi. La quota del 13,24% del Leone era arrivata a valere meno dei costi d'acquisto. Poi il riscatto delle Borse ha fatto allontanare lo spettro. Generali è oltre quota 12,5 euro e la stessa Mediobanca è salita vertiginosamente a 4,4 euro dopo che a fine luglio aveva toccato i 2,5 euro. La recente riscossa di Rcs ha annullato ora le minusvalenze, ma non Telecom Italia che è a bilancio a 1,5 euro per azione, il doppio dei valori odierni di mercato.
Insomma, il peggio è dietro le spalle, ma i grandi soci hanno veramente poco di cui gioire. Ecco i numeri. UniCredit, il principale azionista di Mediobanca con l'8,66%, ha svalutato la quota per 404 milioni nel 2011 e oggi ha in carico il titolo a 559 milioni di euro. Che vuol dire supporre che Mediobanca valga in Borsa 6,45 miliardi, mentre Piazzetta Cuccia oggi quota 3,67 miliardi. Quella quota vale 320 milioni non 559. E che dire della Mediolanum di Ennio Doris? Doris vanta il 3,38% del capitale di Mediobanca e l'aveva in carico fino al 2011 a 12,45 euro per azione. L'anno scorso ha svalutato a 11,1 euro per un valore scritto a bilancio per 322 milioni. Ma in realtà ai prezzi di Borsa dovrebbe svalutare di altri 200 milioni. Anche Benetton, socio con il 2,16%, ha pagato caro l'investimento in piazzetta Cuccia. Nel 2009 la quota era a bilancio per 153 milioni (per un valore dell'intera banca stimato in 7 miliardi). A fine 2011 il valore era di soli 87 milioni. La Fininvest di Berlusconi ha perso, nel 2011, 75 milioni su Mediobanca e mantiene quel suo 2% a un prezzo di 238 milioni, lontano dai valori di Borsa. La FonSai guidata dai Ligresti fino a poco tempo fa ha svalutato nel 2011 per 76 milioni, ma quel 3,83% di Mediobanca che valeva oltre 440 milioni nel 2007 oggi è a bilancio a 145 milioni. Con perdite secche per 300 milioni.
Il conto è analogo per i soci stranieri. Groupama ha il 4,9% della banca d'affari italiana. Nel 2008 era a bilancio per 504 milioni (per una capitalizzazione di oltre 10 miliardi); oggi ne vale solo 147 con una perdita di oltre 350 milioni. E Bollorè? Il finanziere francese ha il 6% di Mediobanca e lo tiene a bilancio a 323 milioni. Dal 2007 ha svalutato per quasi 300 milioni e se il valore di Mediobanca non risale altre perdite sono in arrivo. Il punto è proprio questo. I grandi soci del salotto buono hanno in pancia Mediobanca a valori tra i 7 e 8 euro se non di più come nel caso di Mediolanum. Il titolo si è ripreso ma siamo ancora molto lontani dai prezzi cui i grandi soci hanno acquistato. Ci vorrà un rimbalzo del 100% del titolo per tranquillizzare tutti.
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