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Questo articolo è stato pubblicato il 20 settembre 2012 alle ore 06:43.

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L'Australia taglia le previsioni sui minerali ferrosi e sul carbone, prevedendo la prima caduta nelle entrate dell'industria mineraria dall'inizio della crisi economica e finanziaria globale. I prezzi spot del minerale di ferro sono rimbalzati a 109,60 $/tonn, ma questo mese avevano toccato un minimo triennale di 86,70 $/tonn. e restano inferiori di quasi il 30% rispetto a giugno, mentre nello stesso periodo il carbone è diminuito di circa il 25 per cento.
Le prospettive non sono incoraggianti secondo il Bureau of Resources and Energy Economics (Bree), che per il prossimo anno fiscale, fino al 30 giugno 2013, si attende per le due commodities una caduta delle entrate pari al 16% e al 15% rispettivamente. Fino a tre mesi fa l'ente previsore si attendeva un aumento del 7% dei ricavi per i minerali ferrosi e una flessione del 2% per il carbone.
Il valore dell'export per l'intero comparto minerario dovrebbe calare del 2%, a circa 190 miliardi di dollari australiani, contro una precedente previsione di crescita del l8% a 209 miliardi di A$. Il capo economista del Bureau, Quentin Grafton, ha confermato che i prezzi delle materie prime hanno raggiunto il loro picco e che non trascineranno più la crescita nazionale. «Quella fase è ormai terminata. Ora dobbiamo rimboccarci le maniche e cercare delle alternative». Alternative che, secondo il ministro del Tesoro Wayne Swan, potrebbero includere il settore alimentare, il turismo e i servizi bancari e finanziari.
La posizione del Governo non tranquillizza le società minerarie, in un momento in cui Rio Tinto avvisa di trovare «sempre più difficile» giustificare nuovi investimenti in Australia, a parte che nella regione di Pilbara, a causa di una combinazione letale di prezzi in discesa e aumento dei costi di produzione. Anche per il ministro delle Risorse Martin Ferguson l'Australia rischia di rimanere indietro nel prossimo giro di investimenti internazionali, se non riesce a contenere i costi per l'industria. Lo scenario geopolitico internazionale è infatti cambiato, avverte il ministro, e nazioni in via di sviluppo un tempo considerate a rischio, come la Mongolia e il Mozambico, sono diventate alternative credibili.
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