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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2012 alle ore 10:50.

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E' a tutti gli effetti la sfida petrolifera del nuovo millennio, emblematica della nuova frontiera degli idrocarburi: estrazioni difficili, comunque costose, in ambienti ostili anche se teoricamente ricchissimi di nuove e certamente più impervie risorse.

Eni aderisce al progetto Kashagan sin dalla sua origine nel 1997, anno in cui il governo kazako firma, assieme alle maggiori compagnie petrolifere interessate alla regione caspica, il North Caspian Production Sharing Agreement (NCSPSA) che regola i diritti di esplorazione, di sviluppo e di sfruttamento di un'area di circa 4.600 chilometri quadrati localizzata nella porzione settentrionale del Mar Caspio. In questa area contrattuale è localizzato il giacimento Kashagan, scoperto nel 2000, uno dei maggiori ritrovamenti di idrocarburi al mondo degli ultimi 40 anni.
Il giacimento assomma tutte le complessità del settore. Si trova a 4.200 metri sotto il livello del mare ed ha una pressione di giacimento molto alta (770 bar di pressione iniziale). Il greggio, inoltre, contiene un elevato contenuto di acido solfidrico (H2S). La bassa salinità, data dal flusso di acqua dolce dal fiume Volga, insieme ad acque poco profonde e temperature invernali sotto i meno 30 gradi, fanno sì che la parte settentrionale del Mar Caspio si ghiacci per quasi cinque mesi l'anno. Inoltre il Mar Caspio, essendo un mare chiuso, è in una posizione difficile per la fornitura di attrezzature essenziali per il progetto. Le sfide logistiche sono amplificate da un accesso limitato ai corsi d'acqua, come ad esempio il canale Don Volga e il Mar Baltico e il corso del Volga, che sono navigabili solo per circa sei mesi l'anno a causa dello spessore del ghiaccio invernale.

Nessun giacimento al mondo, oltre Kashagan, ha in sé tutte queste sfide fisiche e ambientali, che richiedono le più avanzate tecnologie dell'industria estrattiva, molte delle quali sono realizzate appositamente per poter operare in questo contesto.
Agip KCO, società interamente detenuta da Eni, è stata operatore unico del progetto dal 13 febbraio 2001 al dicembre del 2008 con partner Shell, Exxon, Total, Conoco Phillips, Inpex e la società di stato Kazaka KMG. Nel gennaio 2009 viene introdotto un nuovo modello operativo che prevede una joint operating company chiamata North Caspian Operating Company (NCOC), che riconosce un maggiore ruolo al partner kazako e ripartisce tra i principali partner la responsabilità dell'esecuzione delle fasi del progetto.
Eni partecipa al consorzio NCOC con il 16,8%, mentre identiche quote del 16,8% sono in mano a KazMunayGas, ExxonMobil, Shell e Total. ConocoPhillips (che ora vuole uscire dal consorzio) ha l'8,4%, INPEX il 7,6%. In particolare, tramite l'Agip Kazakhstan North Caspian Operating Company N.V. (Agip KCO) Eni è responsabile dell'esecuzione della prima fase di sviluppo e della parte a terra della seconda fase di sviluppo.
Il piano di sviluppo di Kashagan prevede la messa in produzione, in fasi successive, di riserve pari a 7-9 miliardi di barili, incrementabili fino a 13 miliardi mediante la reiniezione parziale del gas.

A oggi – afferma l'Eni - il progetto è a uno stadio di avanzamento dei lavori pari al 99.5%.
Lo schema di progetto per Kashagan comprende la realizzazione di centri di produzione (hub) localizzati su piattaforme e isole artificiali, che raccoglieranno la produzione proveniente da altre isole artificiali satelliti dalle quali saranno perforati i pozzi. Con le successive fasi di sviluppo si prevede di raggiungere un plateau produttivo di 1,5 milioni di barili/giorno, con un incremento del 25% rispetto al target iniziale.

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