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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2012 alle ore 06:41.
di Antonio Quaglio
Fra i mille dualismi riaperti dalla grande crisi, quello fra intermediazione bancaria e finanza di mercato - o fra «banca universale» e sistema di banche «specializzate» - tocca di vicino l'Azienda-Italia e il suo dibattuto modello bancocentrico. L'Italia ha riaperto alle «banca universale» dopo Maastricht, superando sessant'anni di rigida separazione fra credito "ordinario" e credito "finanziario", laddove il circuito risparmio-credito aveva connotati di «servizio pubblico». Alle spalle dei campioni nazionali, lo schema della «banca di deposito» in Italia non è mai stato rinnegato del tutto: e la relativa capacità di resistenza all'urto della crisi è stato in parte legato alla permanenza di questo Dna. Intermediare depositi delle famiglie in crediti alle imprese è rimasto il core business di una parte rilevante del sistema bancario domestico. La crescita dei mercati ha dato certamente prospettive diverse all'asset management delle famiglie, ma non ha mai prodotto svolte definitive nel finanziamento dell'impresa. L'intelaiatura finanziaria dell'Azienda-Italia resta tuttora composta dalla ricchezza finanziaria delle famiglie e dalle loro «banche di deposito».
Certo, la pressione del nuovo modello europeo di banca universale quotata in Borsa ha obbligato anche i gruppi italiano a riorganizzarsi, a rendere la gestione più aperta al rischio per cercare redditività. Ma gli stessi stress test Eba - applicando le regole globaliste di Basilea 3 - hanno confermato che il sistema creditizio italiano resta ancora orientato al commercial banking: è infatti per questo che i bilanci italiani - pieni di crediti - sono tuttora considerati molto più rischiosi di quelli dei giganti globali, pieni di derivati. Non sorprende. ora, che il «rapporto Liikanen» sia stato accolto con freddezza dalla Federazione bancaria europa, club delle grandi banche. Ma anche il collasso economico-finanziario degli anni '30 fu troppo violento per lasciare le cose come stavano. E anche allora alla classica separazione degli ingenui dai loro risparmi, seguì la separazione dei depositi bancari dalla Borsa: Italia in prima fila.
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