Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 ottobre 2012 alle ore 08:43.

My24

La chiusura delle indagini sul caso Snia potrebbe essere una buona occasione per riflettere su certe ricorrenti deviazioni della finanza d'impresa in Italia.
L'inchiesta di Milano che si è chiusa oggi con la notifica dell'avviso di chiusura indagini a carico di 25 ex amministratori della Snia dà, e darà nei suoi sviluppi, la possibilità di riesaminare a bocce ferme i criteri di discrezionalità, arbitrio e, sospettano i magistrati, anche dolo, con cui sono state prese decisioni scellerate, spesso letali per un'impresa strategica per il Paese.
Scriveva Leonardo Sciascia nel suo Candido, ovvero un sogno fatto in Sicilia, «le cose sono quasi tutte semplici». E in fondo anche una scissione parziale, operazione nella teoria e nella tecnica complicatissima, se riletta con gli occhi dell'inquirente potrebbe non rivelarsi altro che una banale distrazione: si prelevano attivi dalla società che perde soldi e si iniettano in quella che guadagna. Si toglie da una parte e si mette dall'altra. Punto. Il tutto, certo, con buona pace del sostegno strategico ai comparti industriali in crisi, del rispetto dovuto a chi investe il proprio risparmio in Borsa e, soprattutto, della par condicio dei creditori.

Promesse di trasparenza
Leggere l'avviso di chiusura indagini che vede ancora una volta accomunati nella malasorte processuale Emilio Chicco Gnutti, Tiberio Lonati, Giovanni Consorte (coinvolti insieme, sia pure con esiti diversi, nella stagione delle scalate bancarie) insieme al professor Maurizio Dallocchio, tra i fondatori dello Sda Bocconi, maieuta di centinaia di finanzieri (mica tutti d'assalto) ma anche il banchiere d'affari Giorgio Cirla, come pure Umberto Rosa, manager di lungo corso nel settore, dà precisamente questa impressione: tecniche finanziarie che finiscono per diventare causa della distruzione di valore. Sia chiaro: nessuna delle persone che hanno ricevuto il 415 bis è ancora stata rinviata a giudizio, alcune posizioni potranno essere archiviate, altre stralciate. Ma dai primi esiti dell'inchiesta lo spaccato che emerge è stridente.
Dichiarava Rosa al Sole24Ore il 2 aprile 2004, in un'intervista dedicata proprio alla scissione parziale: «Questa operazione, se andrà in porto sarà fatta all'insegna della più totale trasparenza e nell'interesse dei soci». Insisteva Rosa: «Questa è un'operazione di massima trasparenza, come dicevo, perché tutti gli azionisti, grandi e piccoli, avranno le stesse opportunità. Per loro non cambia assolutamente nulla nei diritti di proprietà». I magistrati non si sono mostrati dello stesso avviso.

Cattivi esempi
Purtroppo Snia non è l'unico caso in cui la finanza ha demolito e non creato valore. Anzi, i casi sono purtroppo numerosi, in questi ultimi anni.
Si può pensare a Richard Ginori, un gioiello in cui si compendiavano tradizione artigianale e modernità industriale, distrutta nel giro di sette anni da raider più interessati alle tecniche di «pump and dump» che alla fattura delle porcellane di pregio. E poi la Banca popolare di Crema, acquistata dalla Banca popolare di Lodi, solo dopo che il suo stesso amministratore delegato Gianpiero Fiorani aveva spostato in una fiduciaria i titoli della banca cremasca acquistati per sé a prezzi assai inferiori a quelli d'Opa. Uno schema ripetuto nel caso dell'Antonveneta.
E ancora c'è la società «fregoli» del listino di Borsa, la ex Broggi Izar, poi Elios Holding, poi Innotech, poi Cornell, poi Yorkville, che dà l'assalto a un fondo immobiliare (Investietico) con un'offerta pubblica di scambio semplicemente inaccettabile. Ma c'è voluta la resistenza di veterani del mercato come la professoressa Maria Martellini e il manager bancario Giuseppe Grassano per fare desistere le "locuste" dai loro propositi. Potremmo continuare con la vicenda Italease: derivati aperti per 400milioni di euro che hanno decretato, di fatto, la fine di una banca quotata e ancora una volta delistata con relativi danni subiti dai piccoli azionisti. Per questi (e altri) cattivi esempi sarebbe il caso di avviare una riflessione seria. Perché la sensazione, alla luce di fatti che vengono scoperchiati solo da inchieste della magistratura, è che sulla nostra economia gravi una qualche sindrome da immunodefincenza acquisita: una carenza di anticorpi adeguati contro le peggiori tentazioni. Ma senza anticorpi, sui listini e altrove, si fatica a sopravvivere.

Commenta la notizia

Listino azionario italia

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

Principali Indici

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

301 Moved Permanently

Moved Permanently

The document has moved here.

Shopping24

Dai nostri archivi