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Questo articolo è stato pubblicato il 06 ottobre 2012 alle ore 08:18.

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La brasiliana Vale, responsabile di un quarto delle forniture mondiali di minerale di ferro, sospenderà la produzione in tre impianti di pellet, materiale pregiato – e costoso – che può essere direttamente utilizzato negli altoforni. Lo stabilimento di Sao Luis, nel Nord del Brasile, si fermerà lunedì, mentre per Tubarao I e II, nel Sud-Est del Paese, lo stop è dal 13 novembre. In tutto i tre impianti avevano prodotto 4,9 milioni di tonnellate di pellet nel primo semestre, il 18% dell'output di Vale (che nello stesso periodo ha estratto 150,5 milioni di tonn. di minerale di ferro). Il rallentamento dell'industria siderurgica mondiale, ha spiegato la società, ha colpito in modo particolare la domanda dei prodotti a maggior valore aggiunto, comprimendo la redditività.
Vale è la prima tra le grandi minerarie a fare marcia indietro sul minerale di ferro. Finora i big del settore, pur riducendo costi e investimenti, avevano sempre sostenuto che anche gli ambiziosi progetti di espansione dell'output fossero tuttora giustificati, nonostante gli acquisti cinesi si siano indeboliti. La consapevolezza che i tempi d'oro sono ormai alle spalle sta tuttavia cominciando a diffondersi. «Stiamo già vedendo l'inizio della fine della prima fase di sviluppo economico della Cina», ha ammesso Alberto Calderon, Chief commercial officer di Bhp Billiton, che sta spendendo circa un miliardo di $ al mese per espandere le sue miniere in Australia. «La domanda si è dimezzata negli ultimi tempi».
Il prezzo del minerale, che aveva raggiunto il record di 191,90 $/tonn. il 16 febbraio 2011, potrebbe crollare a 50 $ nella prima metà del 2013, afferma Andy Xie, ex capoeconomista Asia-Pacifico di Morgan Stanley: un livello mai visto dal 2006, quando i prezzi a contratto erano stati fissati a 47 $/tonn. Secondo un pool di analisti interpellati da Bloomberg, l'iron ore potrebbe avere un valore medio di 96 $ nel 2017 e deprezzarsi per 4 anni consecutivi a partire dal 2014.
Il boom dei rifornimenti alla Cina ha regalato all'Australia 21 anni privi di recessioni e nel 2012 garantirà introiti per 65 miliardi di $. Ma la festa sta per finire. «I prezzi del minerale di ferro sono come il canarino nella miniera – afferma Kieran Davies, capoeconomista di Barclays Capital a Sydney – Sono un indicatore preciso dell'outlook per l'economia cinese e australiana». Le previsioni oggi non sono brillanti. La Banca centrale australiana ha appena tagliato i tassi d'interesse a causa delle cattive prospettive per il mercato delle commodities e il rovescio di fortuna dei minerali ferrosi sta attirando gli short-seller. Nel mirino c'è soprattutto Fortescue Metals, che ha reso Andrew "Twiggy" Forrest l'uomo più ricco d'Australia, quando tra il 2001 e il 2008 la crescita della domanda cinese fece sestuplicare i prezzi dei minerali ferrosi. La fortuna personale di Forrest è calata del 14% quest'anno. In "difficoltà" anche Gina Rinehart, la donna più ricca d'Australia, il cui patrimonio è diminuito del 5,7 per cento. Forrest e Rinehart sono in buona compagnia: i produttori di minerali ferrosi hanno perso il 29% del valore di mercato rispetto ai massimi di febbraio .
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