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Questo articolo è stato pubblicato il 08 ottobre 2012 alle ore 06:41.

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Guido Plutino
È possibile fare ricorso a molte espressioni per cercare di comprendere ciò che sta succedendo nei Paesi emergenti: realtà complessa, enigma, eterna promessa. Tutte giuste e, allo stesso tempo, incomplete o imprecise. Di certo c'è che, anche negli ultimi mesi, i mercati azionari di quest'area hanno messo a segno performance inferiori a quelle di altre zone, proseguendo una tendenza che dura da tempo e che non ha soddisfatto le attese dei risparmiatori. Questo trend ha fatto sì che le quotazioni abbiano ormai incorporato l'indebolimento delle prospettive economiche. Un elemento critico, ma come sempre avviene nel mondo degli investimenti, anche una potenziale opportunità. A condizione di riuscire a orientarsi in una realtà complessa come quella dei Paesi emergenti, esercizio che richiede la capacità di compiere analisi multifattoriali abbinata a una buona dose di pazienza.
In questa situazione, nei Paesi emergenti come nei mercati occidentali, il problema delle imprese appare centrale. «Le azioni dei mercati emergenti - spiega un dettagliato report di Raiffeisen capital management - non sono ancora riuscite a lasciarsi alle spalle delle performance sotto la media che, nel confronto internazionale, durano ormai da parecchio tempo. Uno dei motivi principali potrebbe essere la redditività in calo di molte aziende, in quasi tutti i settori e i Paesi».
Ovviamente nella spiegazione di questo fenomeno la crisi gioca un ruolo importante, ma non è esaustiva. «In parte - proseguono infatti gli esperti di Raiffeisen - questo sembra dovuto a fattori strutturali di lunga durata, che non spariranno così velocemente e ancora meno da soli. L'andamento nel complesso molto contenuto dei mercati azionari dei Paesi emergenti negli ultimi due anni rispecchia presumibilmente le preoccupazioni del tutto fondate di molti investitori sulla dinamica degli utili, in calo nel lungo periodo».
Il combinato disposto di debolezze congiunturali e strutturali non può che portare a un giudizio non univoco. «Da un punto di vista ciclico - conclude così il report Raiffeisen - nei prossimi mesi potremmo assistere ad aumenti delle quotazioni sui mercati azionari dei Paesi emergenti, dal momento che le prospettive economiche più deboli a livello mondiale sono state in gran parte già scontate nei prezzi. Ma allo stesso tempo, la maggior parte delle Borse emergenti non è da considerarsi a buon mercato. Almeno per i prossimi mesi sembra probabile una leggera ripresa dei listini, mentre nel breve periodo sia le notizie economiche sia le misure della Banca centrale e gli sviluppi nella zona euro potrebbero a più riprese trascinare in alto o in basso i corsi».
Aspettative all'insegna della volatilità e della prudenza anche per Banca intermobiliare di investimenti e gestioni (Bim), che avverte: «Il rally che ha caratterizzato i mercati negli ultimi tre mesi comincia a essere maturo e potrebbe avere scontato in anticipo una larga parte degli effetti positivi del nuovo round di quantitative easing globale, mentre si intravedono all'orizzonte una serie di questioni che potrebbero favorire delle temporanee battute d'arresto».
L'attenzione è puntata su due nodi piuttosto intricati. Il primo riguarda la Cina, Paese dal quale non arrivano segnali di risveglio dell'economia. Inoltre l'imminente rinnovo dei vertici politici rende meno incisivi del solito gli interventi di programmazione e di sostegno. Il secondo nodo rimanda al Medio Oriente, dove la tensione per un possibile intervento di Israele in Iran resta elevata.
Questi fattori portano a preferire posizioni attendiste: «Pur sposando un atteggiamento più costruttivo dopo la determinazione mostrata dai banchieri centrali - concludono i gestori di Bim - riteniamo preferibile non aumentare l'esposizione in equity nell'attuale contesto, preferendo valutare un'eventuale fase di consolidamento».
«I timori che si avvertono nel mercato - conferma Angelo Drusiani, asset manager di Banca Albertini Syz - dipendono da due ordini di questioni. Da un lato, pesa il timore di una ripresa dell'inflazione; dall'altro, preoccupa il modello di sviluppo seguito fin qui dai Paesi emergenti, messo in difficoltà dalla durezza e dalla lunghezza della crisi dei mercati maturi. Questo probabilmente rappresenta un cambiamento strutturale che avrà tempi lunghi».
Oltre alla cautela, i suggerimenti rivolti al risparmiatore che intende scommettere oggi sui Paesi emergenti riguardano il mantenimento di un'esposizione da stabilire in funzione del profilo di rischio, ma comunque marginale, e l'utilizzo di prodotti gestiti piuttosto che l'acquisto diretto di azioni. «I Paesi più interessanti - conclude Drusiani - sono Turchia, grazie agli stretti legami con la Germania, e Polonia, che vanta una lunga tradizione industriale».
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