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Questo articolo è stato pubblicato il 19 ottobre 2012 alle ore 06:43.
Se il titolo della banca più antica del mondo è considerato «spazzatura» e nei bar di Siena c'è chi sottolinea ironicamente come da mesi per pagare un cappuccino servano almeno cinque azioni del Monte, vuol dire che il punto di non ritorno è vicino. Gli acquisti (Antonveneta per crescere e Btp per fare i bilanci) si sono rivelati disastrosi; il resto lo hanno fatto l'Eba e le agenzie di rating.
La prima a finire sotto le macerie senesi è stata la Fondazione Mps, vittima di se stessa e della politica locale: negli ultimi quattro anni ha visto evaporare un patrimonio di circa 6 miliardi, oggi ridotto a 2,5 quasi interamente in pegno alle banche creditrici per 350 milioni. Un finanziamento che richiede garanzie per importi 5-6 volte maggiori è lo specchio impietoso del problema.
La gravità del momento è confermata dalle mosse di Gabriello Mancini, presidente della Fondazione e ultimo rappresentante della vecchia guardia rimasto in sella nella città del Palio, dopo che uno dopo l'altro sono caduti Marco Parlangeli (provvditore della Fondazione), Antonio Vigni (direttore generale della banca), Giuseppe Mussari (presidente) e il sindaco Franco Ceccuzzi (dimessosi perchè rimasto senza maggioranza). Mancini, che non avrebbe voluto Alessandro Profumo sulla poltrona più alta di Rocca Salimbeni, da un po' di tempo è impegnato a sostenere l'azione di risanamento del piano industriale messo a punto dall'amministratore delegato Fabrizio Viola e dallo stesso Profumo.
«Il piano deve andare avanti e sono d'accordo con le dichiarazioni di Viola in merito al declassamento deciso da Moody's – sottollinea Mancini –. Lo spread in calo aiuterà i conti della banca e l'aumento di capitale mi auguro che si faccia solo se indispensabile, comunque il più tardi e dell'importo minore possibile».
Il problema non è soltanto la senesità del Monte, quanto la sua sopravvivenza come soggetto autonomo e indipendente. Due obiettivi per i quali Profumo e Viola hanno detto di volersi impegnare. Prima però devono far digerire al territorio i tagli e le esternalizzazioni. Alla fine, il declassamento di Moody's potrebbe anche agevolarli.
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Cesare Peruzzi
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