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Questo articolo è stato pubblicato il 02 novembre 2012 alle ore 08:44.
MILANO
La settimana prossima si annuncia decisiva per l'assestamento proprietario della Cassa Depositi e Prestiti. L'altroieri il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, atteso in Consiglio dei ministri, ha avuto solo il tempo di pronunciare il suo tradizionale intervento alla Giornata del Risparmio: ospite dell'Acri, che associa tutte le 65 Fondazioni azioniste al 30% della Cdp. Il clima personale con il presidente dell'Acri e della Cariplo, Giuseppe Guzzetti, si è comunque confermato molto cordiale. Grilli si è detto personalmente contento di poter parlare da ministro alla sua «ultima Giornata del risparmio», Guzzetti ha naturalmente augurato di poter essere di nuovo della partita il prossimo 31 ottobre. Tra Grilli e Guzzetti - protagonisti negli anni dello sviluppo strategico della Cdp - l'impegno è comunque da tempo quello di chiudere in via concordata entro la prima decina di novembre il dossier della conversione in azioni ordinarie dei titoli privilegiati in portafoglio agli enti. Al 15 novembre è stata infatti rifissata la finestra per l'eventuale diritto di recesso a favore delle Fondazioni.
Se Guzzetti alla Giornata del Risparmio ha ribadito che le Fondazioni intendono rimanere presenti nell'azionariato dela Cassa, la fase finale del confronto è delineata sul piano tecnico-legale. Le Fondazioni - forti anche di un parere di Giuseppe Portale, giurista della Cattolica - sono ferme al proprio diritto di convertire le proprie azioni al prezzo originario di sottoscrizione. Un criterio finanziario che porterebbe a un esborso massimo di un miliardo: più o meno la cifra che nel 2004 gli enti versarono su sollecitazione del Tesoro retto da Giulio Tremonti.
E' stato allora che il ministero poté flessibilizzare il bilancio dello Stato scorporando nella Cdp quote di Eni, Enel e Poste. E da allora la Cdp ha molto aumentato la sua operatività nonché il valore del suo patrimonio netto. E' partendo da questo dato che una stima effettuata nel corso dell'estate dalla Deloitte calcolerebbe in quattro miliardi il gap valutativo che le Fondazioni dovrebbero colmare con un versamento di conversione. Una richiesta che sarebbe avvalorata anche da una interpretazione dello statuto della Cassa.
Gli enti sostengono d'altronde che le proprie azioni - formalmente privilegiate - sono di fatto equiparabili a quelle del Tesoro; e che il plusvalore creato negli anni dalla Cassa è incorporabile nei titoli delle Fondazioni (che in questo anni hanno comunque incassato un miliardi di dividendi). Nella stessa direzione andrebbe, secondo le indiscrezioni, un secondo parere legale chiesto dalla stessa Cassa, presieduta da Franco Bassanini, a Piergaetano Marchetti. In caso di recesso, le Fondazioni avrebbero diritto a una liquidazione più elevata rispetto al capitale nominale. Ancora una volta sembra rilevare il ruolo non esclusivamente finanziario svolto dagli enti nella governance della Cdp. Tutte le iniziative di "banca di sviluppo" della Cassa - dai fondo infrastrutturale F2I (pronto al possibile scorporo della rete Telecom) al fondo-piattaforma per l'housing sociale fino ai nuovi fondi di private equity rivolti alle imprese italiane - hanno visto gli enti in posizione di promozione attiva, anche con il coinvolgimento di banche e assicurazioni partecipate.
La palla è dunque al Tesoro, che esercita anche la vigilanza istituzionale sulle Fondazioni e sui loro investimenti.
A.Q.
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