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Questo articolo è stato pubblicato il 06 novembre 2012 alle ore 10:38.

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Apple è nel mirino per le tasse. O meglio per le poche imposte – neppure il 2% – che paga sulla montagna di profitti ottenuti all'estero, grazie a una sempre più sofisticata rete di controllate e a manovre contabili ai quattro angoli del mondo. E con lei è nuovamente nel mirino tutta la Corporate America, high-tech ma non solo, diventata esperta di elusione legale.

Il re della capitalizzazione di Borsa, stando all'esame dei suoi bilanci completi appena depositati alle authority americane, ha versato imposte "estere" per soli 713 milioni di dollari sui 36,8 miliardi intascati dalla attività internazionali nell'ultimo anno fiscale. Che rappresentano oltretutto un'impennata del 53% rispetto ai 24 miliardi del 2011. L'aliquota effettiva dell'1,9%, contro il 35% della sua imposta formale sui profitti negli Stati Uniti, è anche inferiore al già basso 2,5% che aveva pagato l'anno scorso.
Apple non è sola nel minimizzare aggressivamente le tasse. General Electric ha sollevato polemiche per la sua agressività sul fisco. E indagini del Senato hanno negli ultimi mesi portato alla luce i casi di Microsoft e Hewlett-Packard: tra il 2009 e il 2011 Microsoft, in particolare, avrebbe spostato all'estero 21 miliardi del suo fatturato statuniense, risparmiando 4,5 miliardi in imposte.

Nulla di illegale, sia chiaro, è finora affiorato chiaramente dai conti dell'azienda di Cupertino come delle altre società. Le soluzioni utilizzate appaiono tattiche "elusive" quanto legali: enormi flussi di utili fatti transitare da paesi con bassissime aliquote, dall'Olanda all'Irlanda fino ai Caraibi. La tecnica più popolare ha un nome complesso come la manovra: Double Irish With a Dutch Sandwich. A destare scalpore e scrutinio, nel caso di Apple, sono tuttavia le cifre: la società orfana di Steve Jobs e guidata da Tim Cook ha ormai "parcheggiato" fuori dai confini nazionali ben 82,6 miliardi di contanti. Erano 74 miliardi a fine giugno. Apple, inoltre, appare all'avanguardia non solo nei gadget tecnologici ma anche quando si tratta di abbattere i costi del fisco. Registra, al contrario di altri gruppi, parte dei profitti esteri come potenzialmente tassabili, in presenza di un eventuale rimpatrio.

Atteggiamento meritorio? Può darsi, in futuro. Per adesso può avvantaggiarsi di deduzioni pur senza aver ancora pagato alcuna imposta. Negli ultimi tre anni questi "oneri fantasma" avrebbero salvato dalle tasse oltre dieci miliardi di utili.

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