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Questo articolo è stato pubblicato il 12 novembre 2012 alle ore 06:40.

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Guido Plutino
Per il momento il pericolo dell'inflazione non compare sui radar degli analisti. In Europa come in Italia, debolezza della domanda e pressione recessiva contribuiscono fattivamente a tenere le briglie strette ai prezzi: lo mostrano con efficacia anche i dati ufficiali più recenti. Secondo stime preliminari dell'Istat, la crescita dei prezzi si è raffreddata dal 3,2% di settembre al 2,6% di ottobre, riducendo la tradizionale distanza del carovita italiano da quello europeo. «L'inflazione - conclude così il punto settimanale di Banca Intermobiliare - rimane un tema sotto controllo».
Ma il fuoco cova sotto la cenere? Chi lo sostiene, punta il dito su alcuni segnali: per materie prime ed energia non mancano le tensioni al rialzo, pronte a essere trasmesse ai prezzi forse nei prossimi mesi, e già oggi il quadro non è del tutto tranquillizzante: «L'andamento dei prezzi al consumo di ottobre - spiega Pietro Giordano, segretario generale di Adiconsum - altro non è che il risultato di una compensazione tra aumento dei prezzi dei beni e diminuzione dei prezzi dei servizi. Risaltano gli incrementi di istruzione, abitazione, acqua, elettricità, alimentari, abbigliamento e calzature».
Basta l'esistenza di questo dibattito a far capire perché la questione, pur non di stretta attualità, venga monitorata costantemente e perché tra gli esperti non manchino le posizioni controcorrente. C'è infatti chi sostiene che una fiammata inflattiva vada prevista non appena l'economia riaccenderà i motori. Lo dicono le premesse (politiche monetarie espansive, aumenti di tasse, tariffe, generi di prima necessità, carburanti e così via), ma in un certo senso sembra suggerirlo anche il buon senso. L'inflazione, infatti, potrebbe rappresentare una via non indolore ma sostenibile per uscire dall'impasse. Sarebbe infatti meno traumatica di un consolidamento dei debiti sovrani o di una forte tassazione per risolvere con gradualità il problema dei livelli eccessivi raggiunti dall'indebitamento dei governi.
«L'inflazione - spiega Michele de Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management - va controllata con occhio vigile. È lì, pronta ad alzare la testa, stimolata da più parti. Per innescarla, manca solo la velocità di circolazione della moneta». In questo contesto, il caso degli Stati Uniti assume grande rilevanza. «Alcuni dati - riprende de Michelis - mi hanno impressionato. Il primo: se tutti gli americani lavorassero tassati al 100%, e quindi non guadagnassero un centesimo, gli Stati Uniti sarebbero comunque in deficit. Il secondo: se gli Stati Uniti non spendessero più un dollaro per esercito, scuola e infrastrutture primarie come ponti e strade, resterebbero comunque in passivo. Semplicemente pagando gli interessi sul debito e l'assistenza sanitaria. Conclusione, le possibilità sono solo due: default o inflazione».
La storia aiuta a capire quale sarà la scelta più probabile: «Gli Usa - riprende de Michelis - preferiscono la seconda ipotesi. Lo hanno fatto per la guerra d'indipendenza, per la guerra di secessione, per la prima e la seconda guerra mondiale e infine per il Vietnam. Prima creano inflazione, poi la distruggono, come fece Volcker negli anni Ottanta». Si può obiettare che il quadro europeo è parecchio diverso da quello a stelle e strisce. «Il che è vero - ribatte de Michelis - ma non dimentichiamo che in alcune aree d'Europa, per esempio in Gran Bretagna, l'inflazione c'è già ed è pure alta».
Tutto, insomma, indica che, anche in questo caso, prevenire è meglio che curare. «Inserire in portafoglio strumenti di protezione dall'inflazione - conferma Livio Dalle, direttore investimenti di Vontobel Italia - rappresenta una diversificazione opportuna e un'ottimizzazione. Non vedo un pericolo imminente, tuttavia nel 2016-2017 lo scenario potrebbe essere diverso».
Ma come difendersi? Il successo delle emissioni del BTp Italia indica una via molto frequentata. «Io però sono convinto che potrebbe essere efficace anche un investimento azionario, in hard asset - suggerisce de Michelis -. Nell'indice Dax si trovano aziende sensibili al ciclo economico e con esposizione worldwide. Settori come healthcare e biotech sono molto interessanti, ma sono fondamentali la capacità di selezione e una conoscenza approfondita del settore. Ecco perché suggerisco al risparmiatore di utilizzare fondi gestiti specializzati».
«Il BTp Italia - conclude Dalle - rappresenta una buona difesa dall'inflazione endogena. Chi ha un approccio globale e un portafoglio diversificato può affiancare a questo strumento gli Etf o i certificati quotati legati all'inflazione mondiale. Che in questi anni ha continuato a crescere».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
@GuidoPlutino

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