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Questo articolo è stato pubblicato il 27 novembre 2012 alle ore 06:42.

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A pochi mesi dall'avvio della produzione commerciale a Kashagan – un traguardo che dovrebbe essere tagliato nel prossimo marzo, con otto anni di ritardo rispetto alle attese iniziali – ConocoPhillips ha deciso di abbandonare il progetto, che la vedeva coinvolta dal 1998 a fianco di altre grandi compagnie petrolifere, tra cui Eni, ExxonMobil e Royal Dutch Shell.
La major statunitense ha raggiunto un accordo con la società statale indiana Oil and Natural Gas Corp (Ongc) per cederle, al prezzo di circa 5 miliardi di dollari, la quota dell'8,4% che possiede nella North Caspian Operating Company (Ncoc), il consorzio che sta sviluppando il maxigiacimento in Kazakhstan. Ad acquistare sarà la Ongc Videsh, braccio internazionale di Ongc, che sta da tempo cercando di espandere la produzione, a fronte dei crescenti consumi petroliferi dell'India: Paese costretto ad importare l'80% del greggio e sede di grandi raffinerie che fatica sempre di più ad alimentare con le proprie risorse.
Indiscrezioni circolavano già dall'estate scorsa sulla volontà di ConocoPhillips di disimpegnarsi dal progetto, nell'ambito di un piano di dismissioni degli asset che non considera più strategici: con la vendita della quota in Kashagan, che segue altre cessioni per 2,1 miliardi, la compagnia si avvicina raggiungere l'obiettivo che si era prefissata (cedere asset per 8-10 miliardi di $ nel 2012-13). L'operazione, tuttavia, non può ancora dirsi conclusa con successo.
Gli altri sei partner della Ncoc – Eni, Exxon, Shell, Total e la kazakha KazMunaiGaz (Kmg), ciascuna con il 16,81%, più la giapponese Inpex con i 7,56% – godono infatti di un diritto di prelazione sulla quota di ConocoPhillips. Se una mossa da parte di Eni è improbabile, lo stesso non si può dire per altri.
All'inizio di ottobre, quando l'uscita degli americani era solo un'ipotesi, il presidente di Kmg, Lyazzat Kiinov aveva definito «interessante» la possibilità di rilevarne la quota. Lo scorso agosto l'agenzia Bloomberg aveva invece riferito che, secondo due diverse fonti, Exxon e Shell, in vista di un'ulteriore costosa espansione di Kashagan, stavano cercando di ottenere partecipazioni più elevate e il controllo operativo del progetto, oltre a un prolungamento di vent'anni del Production sharing agreement (Psa). Il contratto – che definisce i termini di sfruttamento del giacimento, consentendo ai partner di recuperare i costi prima che il Governo kazakho abbia diritto alla sua parte di profitti – scadrà solo nel 2041. Ma le compagnie evidentemente ritengono che quasi tre decenni non basteranno a recuperare le spese.
Sull'entità degli investimenti il consorzio è reticente. Ufficialmente si sa comunque che sono già stati spesi oltre 30 miliardi di $ nel progetto, destinato l'anno prossimo a produrre 260mila barili di greggio al giorno, per salire a 370mila al termine della Prima fase (presumibilmente nel 2015). L'obiettivo finale è un output di 1,5 milioni bg, ma l'approvazione della Seconda fase appare lontana, anche perché per arrivare a completarla servirebbero, secondo stime di analisti, un altro centinaio di miliardi: cifra stratosferica, cui probabilmente ConocoPhillips – socio minoritario di un consorzio sempre più litigioso – non si sentiva di contribuire.
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