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Questo articolo è stato pubblicato il 04 dicembre 2012 alle ore 06:41.
MILANO
Fallita la quotazione della società aeroportuale Sea, controllata dal Comune di Milano, la Provincia di Milano, azionista di minoranza col 14,56%, è già passata al piano B: vendere la propria quota, con un bando internazionale che verrà aperto il 7 dicembre e si chiuderà appena 20 giorni dopo.
Una gara lampo, a cui la Corte dei conti avrebbe già dato un parere favorevole proprio sui tempi strettissimi, trattandosi di un provvedimento urgente che l'ente pubblico ha studiato per rispettare il patto di stabilità e incassare gli 83 milioni necessari al pareggio di bilancio. L'asta prevede un valore di 4,40 euro ad azione, per un totale di 160 milioni, ma è concessa anche la possibilità di un ribasso che il cda si riserverà di accettare o respingere.
A deliberare la gara è stata ieri Asam, la holding attraverso cui la Provincia di Milano detiene le azioni della società. Responsabile del procedimento è il consigliere Carmen Zizza. «La società è sana, produce dividendi e ha già firmato un accordo di programma - dice Zizza - È appetibile anche con una quota di minoranza. La quotazione - aggiunge - è andata male anche perché il contesto italiano, con le sue incertezze politiche, non ha aiutato».
Si parla intanto, negli ambienti vicini ad Asam, di richieste già arrivate dall'estero, da parte di qualche fondo americano. Ma nomi certi per ora non ce ne sono. Sicuramente il socio più interessato, in questo momento, è sempre lo stesso, il fondo F2i, azionista di Sea col 29,75%, che già mesi fa aveva inviato a Palazzo Isimbardi una manifestazione d'interesse. Contrario fin dal primo momento alla quotazione (pur avendo votato a favore durante l'assemblea per rispettare i patti parasociali col Comune di Milano), F2i ora viene ritenuto dai vertici di Sea e di Palazzo Marino il principale responsabile del mancato sbarco a Piazza Affari, a causa dei suoi ricorsi e delle critiche palesate in fase di collocamento. Tanto che oggi, come aveva annunciato nei giorni scorsi, la società aeroportuale presenterà alla Consob un esposto per fare luce sulle cause che hanno impedito l'Ipo prevista per il 6 dicembre. E tuttavia la Consob, così come la procura di Milano, avrebbe già acceso un faro sulla vicenda.
Al momento le possibili ipotesi di reato sarebbero l'abuso di mercato (nel caso della Consob) e la turbativa d'asta (nel caso della procura). Tecnicamente sarà la Sea a fare l'esposto alla Consob, poi l'Autorità garante, se lo riterrà opportuno (cosa molto probabile), invierà i documenti raccolti alla magistratura, che aprirà formalmente un dossier per studiarne i risvolti penali.
Per quanto riguarda le decisioni che Palazzo Marino, in quanto azionista di controllo col 54,8% delle azioni, dovrà prendere sulle sorti di Sea, è ancora tutto da valutare. O meglio, le riflessioni proseguono, ma per il momento le scelte sono congelate in attesa delle elezioni, sia nazionali che lombarde. Parlare infatti di bandi rischia di essere un boomerang proprio all'interno del centrosinistra che amministra Milano, e che al suo interno ha pareri discordanti sui processi di privatizzazione. Ad oggi, la logica dice che l'unica soluzione efficace, in mancanza di un'Ipo, è la vendita di tutte le azioni, per poter valorizzare al massimo la società e non rischiare di trovarsi in futuro con quote di minoranza non appetibili.
Intanto a Palazzo Marino prosegue il dibatto. L'amministrazione difende le sue scelte e fa anche qualche mea culpa. Ieri il sindaco Giuliano Pisapia ha parlato in consiglio comunale del bando del 2011, attraverso il quale F2i si è aggiudicato il 29,75 percento. «Non sono pentito, è stato un ottimo affare. Ma ora a impedire la quotazione è stata la litigiosità pretestuosa del socio. Le responsabilità vanno individuate». La capogruppo Carmela Rozza ha sottolineato che «l'errore è stato non spaccare la maggioranza e concedere così un bando con una doppia opzione: oltre al 20% di Sea insieme al 18,6% di Serravalle, è stata aggiunta anche la possibilità di acquisire il 29,75% della sola Sea. Ma la scelta di vendere è stata motivata dalla necessità di ripianare il buco in bilancio lasciato dal centrodestra». Per il capogruppo del Pdl Carlo Masseroli ora non restano che due strade per il Comune: «o fare l'azionista forte, o vendere tutto».
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