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Questo articolo è stato pubblicato il 06 dicembre 2012 alle ore 06:40.

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Un cordone ombelicale energetico, non solo per il colosso Eni ma per tutti noi. Al pari della Russia ma un po' di più, a dar retta agli intensi programmi di rafforzamento non solo della collaborazione industriale ma anche (e soprattutto) delle infrastrutture che ci legano ai paese nordafricano. C'è il gasdotto di oggi, che attraverso la Tunisia ci porta oltre un quarto del gas che bruciamo.

Ma c'è il nuovo gasdotto supplementare di domani, il Galsi, che attraverso la Sardegna sboccherà in Toscana per sancire due nuove frontiere. La prima è strutturale: tra i 10 e i 20 miliardi di metri cubi annui di capacità teorica aggiuntiva, oltre un quarto degli attuali consumi di metano del nostro paese. La seconda frontiera è persino epocale: il Galsi sarà, se tra qualche anno diventerà davvero realtà, il primo grande tubo a sbocco italiano che non porterà gas targato Eni ma quello dei suoi nuovi concorrenti. Concorrenti importanti: Edison con il 20% del progetto Galsi, Enel (che così suggellerà la sua nuova conformazione di società energetica a tutto tondo) con quasi il 16%, Hera con il 10%, Regione Sardegna, anche se un ruolo straripante lo avrà come sempre la compagnia algerina Sonatrach, con il 41,6%.

Va detto che anche qui il gigante a sei zampe si è comunque procurato un ruolo chiave. Proprio attraverso la controllata Saipem. Che in Algeria affonda radici profonde, sin dagli anni '50 attraverso le attività Eni e poi con la costruzione del grande gasdotto "ombelicale" che ha cominciato a pompare metano nel 1983: 2.500 chilometri di cui 550 in Algeria, 370 in Tunisia, 160 nel canale di Sicilia e poi 1.450 attraverso l'Italia. Tutto grazie alle opere anche all'interno del territorio algerino di Saipem e Snam-progetti. Sfociate poi, nel '90, al raddoppio da 6mila miliardi di lire della prima struttura del gasdotto. Con un poderoso effetto trascinamento delle attività Saipem nell'area nordafricana anche nelle attività di prospezione ed estrazione del metano dai giacimenti vecchi e nuovi.

Un'attività in continuo potenziamento, che ha però rallentato la sua progressione a partire dal 2010 a causa della poca chiarezza delle nuove discipline contrattuali dell'Algeria con i partner esteri. Tant'è che una nuova legge sullo sfruttamento energetico dovrebbe essere varata nelle prossime settimane per dare buone prospettive alle nuove aste annunciate per i primi mesi del 2013.
Ma la nuova frontiera, nella quale Saipem puntava ad avere un ruolo di primo piano, si gioca tutta sulle nuove tecnologie estrattive dello shale gas, ovvero della fratturazione profonda delle rocce argillose. Proprio nell'aprile scorso Eni e Sonatrach avevano firmato un accordo di cooperazione in questo senso.

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