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Questo articolo è stato pubblicato il 08 dicembre 2012 alle ore 08:18.
Dopo qualche settimana di trattative, Investindustrial – la società di private equity che fa capo alla famiglia Bonomi – ha annunciato ieri l'acquisto per 190 milioni di euro del 37,5% della Aston Martin, di cui diventerà azionista di riferimento.
Ecco i dettagli: l'operazione verrà condotta dalla Prestige Motor Holdings S.A., una newco inglese controllata dal fondo Investindustrial V LP; Prestige Motor entrerà in Aston Martin attraverso un aumento di capitale riservato che le darà il 37,5% del capitale: il resto del capitale rimarrà in mano al gruppo di soci kuwaitiani (capeggiato dalla Investment Dar) e ai manager. Investindustrial – il cui senior principal è Andrea Bonomi – disporrà però del 50% dei diritti di voto, il che le assicura di fatto il controllo. La struttura dell'operazione permetterà anche di non far scattare le clausole di change of control per il bond emesso da Aston Martin.
L'operazione, per la quale Investindustrial è stata assistita dalla banca JP Morgan, è soggetta all'approvazione dell'Antitrust, prevista nel primo trimestre del 2013. Il prezzo pagato da Investindustrial per la sua quota equivale a un enterprise value della società di circa 940 milioni di euro. «Nei prossimi 5 anni – afferma il comunicato di Investindustrial – Aston Martin investirà oltre 625 milioni di euro in nuovi prodotti e in programmi per lo sviluppo tecnologico».
Gli investimenti che l'ingresso del fondo permetterà saranno rivolti soprattutto al rinnovo della gamma prodotti, ma dovranno servire anche ad accelerare la differenziazione geografica già avviata dalla proprietà attuale: se nel 2000 i tre quarti delle sportive andavano in Gran Bretagna o Usa, ora la percentuale è scesa sotto il 50% (il 15% è venduto in Asia).
Aston Martin festeggerà tra poco più di un mese il suo centenario: fu fondata infatti nel gennaio del 1913 a Londra, ma è diventata famosa in tutto il mondo cinquant'anni fa grazie all'associazione con i film di James Bond. Comprata dalla Ford nel 1987, è stata poi ceduta vent'anni dopo a una cordata di investitori kuwaitiani; il gruppo americano è rimasto partner tecnologico e fornisce tuttora motori e altre parti all'attuale gamma di prodotto.
L'azienda ha però sofferto in questi anni per il fatto di avere dimensioni ridotte e non essere inserita in un grande gruppo: nel 2011 ha generato un fatturato di 634 milioni di euro su circa 4mila consegne – un livello inferiore al record di 6.500 del 2007, quando l'azienda faceva ancora parte del gruppo Ford. L'Ebitda è stato pari a 101 milioni, il risultato operativo di poco più di 10 milioni (in forte calo dagli oltre 40 del 2010) e il bilancio si è chiuso con una perdita netta di circa 25 milioni di euro. La generazione di cassa non è bastata a coprire il peso degli interessi, e Moody's il mese scorso ha minacciato di declassare il debito di Aston Martin; da questo punto di vista, l'iniezione di fondi arriverà al momento giusto.
Prima di chiudere con Investindustrial, i proprietari di Aston Martin avevano avuto contatti con altri potenziali acquirenti, tra cui le indiane Mahindra e Tata. E c'è chi resta convinto che la destinazione finale del marchio britannico sia un grande gruppo: secondo Max Warburton, analista della Sanford Bernstein, «quella di oggi non sembra una soluzione di lungo periodo perché non risolve i problemi delle dimensioni e dell'accesso alla tecnologia».
A ciò dovrebbe provvedere l'intesa con Mercedes che Investindustrial potrebbe firmare nei prossimi mesi.
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