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Questo articolo è stato pubblicato il 09 dicembre 2012 alle ore 14:32.

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Più passa il tempo, più la crisi Lehman sembra passata invano. Poco, quasi nulla è stato fatto per evitare nuove crisi sistemiche della grande finanza mondiale. Le banche, soprattutto le grandi comglomerate americane e i colossi del Nord Europa, continuano a comportarsi come enormi hedge fund, dove la compravendita di titoli, opzioni, derivati e ogni sorta di diavoleria finanziaria prevale nettamente sull'attività normale di un istituto di credito, che è quella, non dimentichiamolo mai, di reperire e prestare denaro all'economia reale.

Non sorprende che gli scandali che ogni tanto riappaiono sulla scena siano proprio legati alle attività di trading, in particolare sui derivati, che restano una bomba inesplosa nei bilanci delle grandi banche. Oggi è il turno di Deutsche Bank, ma prima avevamo assistito al buco miliardario sui derivati nei conti di SocGen in Europa e di JpMorgan negli Stati Uniti. Si dirà che Basilea 3 sta mettendo un argine imponendo ricapitalizzazioni sostanziose.

O nel peggiore dei casi drastici tagli dei crediti a imprese e famiglie. Ma a guardare da vicino i bilanci dei colossi del credito Basilea pare un pannicello caldo. Si aumenta sì il capitale (o spesso invece si diminuisce l'attivo cosiddetto a rischio) ma il vero indicatore di solidità, cioè il rapporto tra attività totali e patrimonio netto, cioè la leva finanziaria resta sideralmente alta. Ancora pericolosamente vicina ai livelli pre-crisi Lehaman. Lo documenta R&S Mediobanca che testimonia come la leva media dei principali colossi bancari europei sia di 27,9 volte, quando a fine 2009 era di 28,2. Nulla è cambiato come si vede.

Con disparità evidenti tra le grandi banche d'affari e le banche commerciali. Deutsche Bank, ad esempio, ha un rapporto tra capitale e attivo di ben 55 volte; il Credit Agricole e la svizzera Credit Suisse viaggiano a quota 57. Valori più che doppi rispetto alle banche italiane o spagnole che hanno rapporti di leva intorno a 19. Cosa vuol dire tutto ciò? Che paradossalmente banche meno grandi come volume di attività come le italiane e le spagnole finiscano per avere più capitale in termini relativi. Come se debbano fronteggiare rischi maggiori. Ma le nostre banche e in generale quelle con attività tradizionale (prestare denaro) non sono quelle sul banco degli imputati per i buchi di bilancio arrecati da compravendite speculative su titoli e derivati. Esemplare il caso cui sarebbe incappata la Deutsche Bank.

L'accusa (tutta da provare) di aver nascosto una perdita di 12 miliardi avrebbe provocato un terremoto sul capitale. Già perchè il gigante tedesco ha patrimonio per soli 55 miliardi, meno di UniCredit (che vanta mezzi propri per 61 miliardi), che ha attività per 954 miliardi, mentre Deutsche ne ha per 2.200 miliardi. Come si vede la sproporzione è evidente. E quell'attivo mostruoso di Deutsche Bank è costituito per due terzi non da prestiti all'economia, ma da una massa gigantesca di titoli e derivati. Se solo quei titoli e derivati si svalutassero di qualche punto percentuale, Deutsche vedrebbe l'intero capitale azzerato. Basta questo per comprendere perchè il percorso verso la Vigilanza unica bancaria inquieti così tanto proprio la signora Merkel.

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