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Questo articolo è stato pubblicato il 12 dicembre 2012 alle ore 06:41.
FIRENZE
L'intervento finanziario dello Stato a sostegno di Banca Mps è in dirittura d'arrivo. «Il pacchetto di aiuti è praticamente pronto», ha sottolineato ieri Maria Cannata, direttore generale del debito pubblico del ministero dell'Economia, alludendo a Rocca Salimbeni.
La Commissione di Bruxelles, in effetti, ha ricevuto la notifica dell'operazione che, come confermato sempre ieri nel corso di un'audizione alla Camera dal ministro dell'Economia Vittorio Grilli, «è parte di un decreto attuativo che speriamo venga pubblicato oggi o domani in Gazzetta ufficile (il salva-infrazioni, ndr)», dopodiché le novità richieste dall'Europa (soprattutto sulle modalità di pagamento degli interessi) «potrebbero sicuramente rientrare in un emendamento alla legge di stabilità», questa volta corredato di relazione tecnica per non correre il rischio di una bocciatura come accaduto in Commissione al Senato.
Il rafforzamento patrimoniale di Mps prevede questi passaggi: la banca emette obbligazioni speciali riservate allo Stato (i cosiddetti Monti bond) per 3,9 miliardi, comprensivi degli 1,9 miliardi di Tremonti bond del 2009, che saranno estinti; su questi titoli Siena pagherà un interesse intorno al 10% in denaro (se ci sarà un dividendo societario), in alternativa emettendo azioni proprie al valore di mercato (cioè intorno ai 20 centesimi) e non con il calcolo del patrimonio netto (90 centesimi) come previsto inizialmente dal provvedimento, oppure con nuovi Monti bond, che è la soluzione preferita da Bruxelles e anche da Roma.
Siena aumenta il debito ma evita l'ingresso dell'azionista pubblico. In questo modo la terza banca del Paese non diventa pubblica (formalmente), i suoi principali azionisti evitano la diluizione (a cominciare dalla Fondazione Mps che ha il 34,9%), ma l'indebitamento del gruppo di Rocca Salimbeni cresce anziché diminuire (170 milioni d'interessi da pagare sul 2012 e circa 400 sul 2013).
La partita di Siena si gioca su questo terreno. I vertici della banca, il presidente Profumo e l'amministratore delegato Fabrizio Viola, affidano la possibilità di salvare l'autonomia del Monte alla realizzazione del piano industriale che, tra le altre cose, prevede un aumento di capitale da un miliardo (da attuare nel 2014-2015) e una redditività del 7% (nel 2015), dopo aver ridotto drasticamente costi (900 milioni), agenzie (400) e personale (4.600 persone). Un passaggio importante di questa strategia riguarda le esternalizzazioni del back office, sulle quali la Fisac-Cgil del gruppo ha ribadito ieri il proprio "no", nonostante l'ultima proposta illustrata dalla responsabile delle risorse umane di Banca Mps, Ilaria Dalla Riva, abbia ridotto da 2.370 a poco più di 1.100 il numero dei dipendenti coinvolti. Il confronto, però, resta aperto.
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