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Questo articolo è stato pubblicato il 15 dicembre 2012 alle ore 13:30.

Il sondaggio proposto da Plus24 in collaborazione con IPR Marketing parte dalla valutazione che i risparmiatori danno dei questionari ricevuti dalle banche per ottenere la valutazione della propria valutazione di rischio. I cosiddetti questionari Mifid. Per capire però l'attitudine verso questa variabile, si proceduto a capire innanzitutto a chi si affidano i risparmiatori quando devono valutare il rischio. Da questo è emerso come più che ai questionari e all'informazione scritta gli italiani si affidino più al passaparola tra amici o ai consigli del gestore di turno. Pochi invece alla lettura dei prospetti o della stampa specializzata. Inoltre il sondaggio (si vedano le risposte alla seconda domanda) mostrano una situazione di confusione e di diffidenza. Per esempio solo il 20% di chi non ha strumenti finanziari ha messo in cantiere l'idea di investire in tali strumenti. Così facendo ci si auto esclude da una enorme fetta di possibilità rifugiandosi, c'è da supporre, viste le preferenze "usuali" degli italiani, nel mattone. Si può ammettere che la finanza ha fatto e può fare molti danni, ma rinunciarvi a priori può essere ancora più dannoso per la stabilità di un tessuto economico che deve ricominciare a crescere.
Gli esperti e il "passaparola"
Ci sono poi le risposte in cui i risparmiatori sostengono di essere molto attenti alla pericolosità dell'investimento più che al rendimento (si veda la domanda 3 e le sue articolazioni. In questo caso sono molti i dubbi. Il rendimento è stato generalmente il primo elemento guardato dal risparmiatore. Se anche un 30% (come dicono le risposte del sondaggio) avesse considerato realmente il rischio gli italiani avrebbero vissuto molte meno disavventure finanziarie, a partire dal crack Argentina. Ma l'Argentina rendeva bene e di valutare il rischio non se ne parlava affatto! Preoccupante è che i giovani siano di gran lunga i meno sensibili alla valutazione del rischio, segno che tutte le iniziative di educazione finanziaria in atto su vari fronti sono necessarie, ma ben lontane dall'aver terminato il loro compito, se mai è iniziato davvero. Il dato è confermato da una domanda successiva in cui emerge che il 98% dei giovani non ha mai pensato di sottoporsi ad una valutazione del proprio profilo di rischio. La preoccupazione sui giovani si manifesta anche nelle risposte date alla domanda n. 4. Non solo sono meno propensi a fare ricerche indipendenti, ma sono anche vittime privilegiate rispetto a genitori e nonni del classico passaparola tra amici, delle chiacchiere da bar, del "me lo ha detto il mio amico che lavora in banca" (che magari fa il cassiere). Insomma, la cosa certamente più deleteria.
La consapevolezza del rischio
Nelle risposte alla domanda 5 emerge come per gli investitori, in larga maggioranza, il rischio è qualcosa da evitare a prescindere. Valutare il rischio non significa prenderne coscienza per poi fare altro. Significa valutarlo, appunto, e integrarlo in modo corretto e con i giusti tempi in un portafoglio. Però eviterei di usare espressioni come "rischio calcolato" che danno l'idea che l'incertezza sia eliminata. Una parte non lo è mai (a volte sostanziale), ed è bene che questo tutti lo comprendano. Infine ci sono le risposte date sui questionari. In questo caso è da dire che è più che spiegabile la ritrosia di molti rispetto a questi strumenti. Però occorre considerare che il mondo finanziario, con tutte le variabili che comprende, è forse troppo complesso per essere inglobato in un questionario. Gli investitori sembrano esserne consapevoli dato che vorrebbero applicarsi (farsi "visitare" piace notoriamente agli italiani), ma la fiducia sulla serietà della visita è scarsa. In realtà i questionari non sono da buttare del tutto perché un'inquadratura generale la danno, e dove non si è mai fatto nulla, o dove la precedente pigrizia vuoi del collocatore vuoi del risparmiatore non ha mai portato ad approfondire certi aspetti, un certo aiuto lo danno. Ma questo deve essere un punto di partenza, e rappresentare al spinta da parte di entrambi (collocatore e risparmiatore) a fare di più, non un punto di arrivo. Anche perché la normativa permette mille scappatoie.
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