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Questo articolo è stato pubblicato il 27 dicembre 2012 alle ore 06:41.

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Quando ci si priva dell'argenteria di famiglia c'è qualcosa che non va. Quel che soprende è che siano enti locali di realtà socio-economiche ricche a privarsi dei gioielli di casa. Sia il Comune di Torino che la Provincia di Milano sono impegnate da tempo in una sorta di corsa contro il tempo per alienare le proprie partecipazioni pregiate. Il capoluogo piemontese firmerà la cessione della maggioranza del capitale della Sagat, la società che gestisce l'aeroporto di Caselle. Ultima tappa di un viaggio che ha visto l'ente guidato da Piero Fassino provare a cedere anche il 49% dell'altro asset forte di casa, la Gtt la società del trasporto pubblico. Vendita rientrata alla fine dato che il prezzo offerto è stato giudicato troppo basso. Si vende quindi con il rischio di svendere. È quello che può accadere anche alla Provincia di Milano che ha visto andare deserta la prima asta per la cessione della Serravalle, la società delle autostrade milanesi. Ma il presidente Guido Podestà si è impegnato anche a cedere il 18% della Pedemontana lombarda e dopo il flop della quotazione cerca disperatamente compratori per il 14,5% del capitale di Sea.
Vendita o svendita?
Più che una valorizzazione dei beni patrimoniali dei cittadini di Torino e della grande Milano si rischia una colossale svendita pubblica. Del resto non si tratta in tutti i casi di aziende pubbliche decotte per le quali è forse meglio affidarsi a una gestione privata. Vero è che la redditività di Serravalle ad esempio è in forte calo o che Sea vede margini lordi piatti negli ultimi anni, ma siamo in presenza comunque di aziende in utile. E allora perchè questa voglia irrefrenabile di liberarsi in tutta fretta dei tesoretti di casa? La risposta è semplice. Per Torino e la Provincia di Milano è in gioco il rispetto del Patto di stabilità.
Provincia indebolita
Podestà ha bisogno di far entrare in cassa almeno 80 milioni e la holding che possiede le partecipate, la Asam Spa, è reduce da un clamoroso buco di bilancio per 200 milioni nel 2011. Colpa della svalutazione record del prezzo folle pagato dalla Giunta Penati nel 2005 per rilevare allora il 15% del capitale di Serravalle da Gavio, che realizzò plusvalenze per un centinaio di milioni. Asam, il forziere di Podestà, si trova fiaccato e il rischio è che la Provincia non riesca a far fronte agli investimenti per oltre 500 milioni per la Pedemontana lombarda e le Tangenziali esterne milanesi. Torino invece sconta una situazione difficile sul piano dei conti che si trascina da anni.
Torino: debito monstre
Il debito incombe sulla città per la bellezza di 3,5 miliardi. Fanno 3.700 euro di debito sulle spalle di ogni torinese. E quel debito record costa ogni anno tra oneri e rimborsi la bellezza di 230 milioni di euro. Soldi che escono dalle casse di un Comune che è dovuto ricorrere ad anticipazioni di tesoreria per 300 milioni e che ha chiuso il 2011 con un avanzo pressochè a zero dopo aver svalutato crediti. Troppo poco per reggere. Resta come ultima chance, come per la Provincia di Milano, la necessità di vendere (o svendere?) i gioelli di casa. Sperando che basti.
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