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Questo articolo è stato pubblicato il 05 gennaio 2013 alle ore 08:20.

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Il risultato di una serie di alcuni derivati congegnati un anno fa, quando l'ente si era prima indebitato e poi tutelato per sottoscrivere l'aumento di capitale di UniCredit. Così si spiega la discesa della Fondazione Cassa di risparmio di Torino dentro al capitale di Piazza Cordusio: la comunicazione ufficiale da parte della Consob è di ieri, ma l'operazione risale al 21 dicembre scorso e vede la Fondazione passare al 2,5%, contro il 3,85% precedentemente posseduto.
Una riduzione significativa, che ridisegna le gerarchie per lo meno tra i grandi soci italiani di UniCredit (e in particolare tra le Fondazioni) ma che non sembra lasciar presagire un disimpegno dei torinesi verso la banca. L'ente Crt – che si è appena visto designare il suo ex vice presidente, Giovanni Quaglia, nel board della banca al posto di Antonio Maria Marocco, neo presidente della stessa Fondazione – non ha commentato ufficialmente l'operazione, ma da ambienti vicini alla sede di Via XX Settembre emerge la volontà di far intendere che la partecipazione in UniCredit resta assolutamente strategica, al punto che – si apprende – sono in corso di rinegoziazione altri derivati che nei prossimi mesi potrebbero portare a ulteriori ritocchi della quota.
Nel dicembre 2011, quando Piazza Cordusio aveva lanciato l'aumento di capitale da 7,5 miliardi, Fondazione Crt aveva deciso di sottoscrivere interamente la propria quota e di investire 316 milioni, ricorrendo per circa i due terzi all'indebitamento. Proprio a copertura di un'operazione costosa e rischiosa (vista la situazione economica di un anno fa), l'ente – allora guidato dal segretario generale Angelo Miglietta – aveva sottoscritto una serie di derivati di copertura, che tra l'altro prevedevano la graduale limatura della quota nel caso in cui il titolo della banca fosse salito al di sopra di determinate soglie: la circostanza si è verificata e l'ente si è adeguato alle conseguenze. A quanto si apprende, tuttavia, con le entrate della cessione (ben oltre i 200 milioni) l'ente punterebbe, nei prossimi mesi, a estinguere quasi completamente la propria esposizione debitoria e per di più avrebbe realizzato una plusvalenza sul titolo, visto che il valore di carico attuale è di 3,04 euro e già a fine 2012 viaggiava oltre quota 3,5 euro.
Quali saranno le prossime mosse della Fondazione? Allo studio ci potrebbe essere un graduale riconsolidamento della quota Crt nella stessa UniCredit, anche se non è escluso che si approfitti dell'operazione per accelerare in una diversificazione del patrimonio destinata a ridimensionare il peso della banca conferitaria. La decisione spetterà agli organi (uscenti) insieme al segretario Massimo Lapucci e al presidente, freschi di nomina, non senza il parere del vice presidente di UniCredit, Fabrizio Palenzona, sempre molto influente in Crt. Rispetto al passato, tuttavia, l'intenzione sembra quella di dare più spazio alle scelte strategiche e meno alla finanza operativa.
Nella nuova mappa dei grandi soci di UniCredit, Crt scende al terzo posto tra le Fondazioni (dopo Fondazione Cariverona con il 3,5% e Carimonte holding con il 2,9); primo azionista è il fondo di Abu Dhabi Aabar con il 6,5%, seguito da Pamplona con il 5,01 per cento.
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