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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2013 alle ore 06:50.

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Alla fine le Generali hanno sciolto la joint venture con il finanziere ceco Petr Kellner rafforzando la loro presenza nell'Europa Orientale, non chiedendo un euro ai loro azionisti (come avevano promesso) e, soprattutto, eliminando ogni incertezza sulle proprie future strategie nell'area. Anticipato già ieri sulla stampa e concluso all'alba con le ultime firme tra le parti, Generali e Ppf hanno comunicato ieri l'accordo con cui hanno deciso di concludere anzitempo, in due fasi, i patti sottoscritti nel 2007 e che sarebbero naturalmente evaporati nell'estate del 2014.
La quota di minoranza (49%) posseduta da Kellner nella joint venture è stata valutata 2,521 miliardi. Il 24% verrà rimborsato entro il 28 marzo (utilizzando per 1,1 miliardi il prestito subordinato di 1,25 miliardi emesso a dicembre) e la parte rimanente sarà saldata a fine 2014. A questa somma si aggiungerà la quota parte dei dividendi per 352 milioni che Generali-Ppf pagherà ai due soci prima del closing della transazione. Inoltre c'è l'impegno a distribuire ai medesimi partner il 66% degli utili che verranno generati fino al 2014 quando il finanziere uscirà definitivamente di scena. Non solo.
È stata anche decisa la sistemazione della complicata partita russa riguardante, tra l'altro, la partecipazione del 38,5% nella compagnia Ingosstrakh (la terza del paese) controllata dall'oligarca russo Oleg Deripaska. Generali, cui faceva capo il 49% di quel pacchetto azionario (ma senza diritto di voto) entrerà in possesso dell'intera quota in cambio di società nel credito al consumo detenute in Russia, cedute a Kellner e valutate 80 milioni. Non c'è all'orizzonte alcuna intesa in tempi ravvicinati sul futuro della partecipazione in Ingosstrakh ma ora - ha sottolineato il Ceo delle Generali Mario Greco incontrando ieri mattina gli analisti - il gruppo italiano avrà finalmente mani libere per decidere il da farsi avendo tra l'altro con Deripaska un rapporto migliore rispetto a quello, pessimo, che caratterizzava le relazioni tra il magnate russo ed il finanziere ceco.
Fin qui il contenuto degli accordi. Rispetto alle intese raggiunte nel 2009 quando la joint venture fu rinegoziata, si possono cogliere alcune modifiche. A quel tempo era stato stabilito che l'eventuale rescissione anticipata dell'allenza doveva assicurare a Kellner il prezzo maggiore tra il fair market value della partecipazione ed un "pavimento" di 2,5 miliardi diminuito dei dividendi incassati ed incrementato del costo delle sue linee di credito (per complessivi 2,5 miliardi). È avvenuto invece che la quota "minima" di rimborso sia stata incrementata, a favore del finanziere ceco, dei dividendi generati dalla joint venture i quali serviranno presumibilmente a onorare il costo del debito. Si può presumere che lo scambio possa aver avvantaggiato Kellner. D'altra parte Generali spunta un prezzo vicino a quello "minimo", evita ogni incertezza su un fair value complesso da calcolare - nell'ultima semestrele il costo dell'uscita anticipata era stato stimato fino a 2,7 miliardi – e prende il pieno possesso di una società in forte crescita. Per Greco, che lunedì illustrerà a Londra il piano strategico del Leone per i prossimi anni, si tratta del primo impegnativo deal della sua gestione. In attesa di portare a termine le cessioni già annunciate delle attività riassicurative in Usa e della Banca della Svizzera Italiana (Bsi) per le quali, è stato detto ieri, sono attese a giorni le prime offerte non vincolanti.
Sul piano industriale l'accordo rafforza la prese del Leone triestino nell'Europa Orientale. La compagnia italiana è presente in 14 paesi dell'area e, grazie alla joint venture, i premi raccolti sono cresciuti negli ultimi 5 anni da 1 a 4 miliardi ed il numero dei clienti è salito da 4 a 14 milioni. I primi report degli analisti ieri sono stati unanimemente positivi e il titolo del gruppo ne ha beneficiato in Borsa chiudendo la seduta a 14,48 euro, in rialzo dello 0,84 per cento.

La mappa del business Generali

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