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Questo articolo è stato pubblicato il 09 gennaio 2013 alle ore 06:50.

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Il Kurdistan iracheno ha alzato ulteriormente il livello della sfida contro Baghdad, avviando le prime esportazioni autonome di greggio. Il petrolio, in quantità ancora molto limitate, viene trasportato a bordo di camion oltre la frontiera con la Turchia, per raggiungere il porto di Mersin sul Mediterraneo.
A confermare la novità – che rappresenta un nuovo passo avanti rispetto alle piccole spedizioni di condensati segnalate nei mesi scorsi – è stata Genel Energy, la compagnia petrolifera guidata dall'ex ceo di Bp Tony Hayward, che l'anno scorso vi aveva investito insieme al finanziere Nathaniel Rothshild(si veda Il Sole 24 Ore dell'8 settembre 2011).
«Il Governo regionale del Kurdistan (Krg) ci ha dato il permesso di inziare ad esportare greggio dal giacimento di Taq Taq», ha detto ieri alla Reuters il presidente di Genel Mehmet Sepil. Dichiarazione su cui il Krg ha voluto aggiustare il tiro: non si tratta di vere e proprie esportazioni, ha spiegato alla Bloomberg un portavoce del governo autonomo, Safin Dizai. Il petrolio viene inviato a raffinerie turche, che a loro volta riforniscono Erbil di benzina, gasolio e nafta.
Il Kurdistan in teoria avrebbe diritto al 17% dei prodotti raffinati in Iraq, ma questi non sono sufficienti e comunque i rifornimenti sono discontinui.
Il petrolio è oggetto di gravi dispute tra Erbil e Baghdad. I contratti per lo sviluppo dei giacimenti curdi, molto più vantaggiosi di quelli imposti dal Governo centrale nel sud dell'Iraq, hanno attirato nella regione autonoma – dove già operavano una cinquantina di compagnie petrolifere – un numero crescente di majors. La svolta è arrivata l'anno scorso, quando un gigante del calibro di ExxonMobil ha deciso di snobbare Baghdad pur di operare in Kurdistan (la sua quota nel giacimento West Qurna 1, vicino Bassora, è in vendita). Altri, tra cui Chevron, Total e Gazprom, hanno seguito l'esempio, sollevando le ire del Governo federale, che considera illegali i contratti firmati da Erbil.
Baghdad pretende che anche l'export di greggio dal Kurdistan avvenga sotto il suo controllo, attraverso l'unico oleodotto finora disponibile, tra Kirkuk e il terminal turco di Ceyan. Ankara – alla ricerca di nuovi fornitori, per soddisfare i crescenti bisogni di energia e attenuare la dipendenza da Iran e Russia – sta tuttavia coltivando rapporti commerciali sempre più stretti con il Kurdistan e tra i progetti comuni c'è anche la costruzione di una pipeline da un milione di barili al giorno, che potrebbe accogliere l'intera produzione che Erbil conta di avere nel 2015 (oggi estrae circa 200mila bg).
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