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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 06:42.

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Il Nabucco West sta recuperando terreno nella competizione per trasportare in Europa il gas azero: gara in cui si confronta con la Trans Adriatic Pipeline (Tap), che sfocerebbe in Italia, e dalla quale emergerà un vincitore entro fine giugno. Gli azionisti del gasdotto – che per ora, come la Tap, esiste solo sulla carta – hanno raggiunto un accordo di massima per cedere il 50% del progetto ai principali soci del consorzio che sta sviluppando la fase 2 di Shah Deniz, che dal 2018 porterà sul mercato europeo altri 10 miliardi di metri cubi di gas all'anno. La quota, nel caso in cui fosse il Nabucco a vincere la selezione, verrà rilevata dalla britannica Bp, operatore del giacimento, dalla francese Total e dalla compagnia di stato azera Socar (il consorzio conta anche la presenza della norvegese Statoil, della turca Tpao, della russa Lukoil e quella, oggi imbarazzante, dell'iraniana Nioc).
L'intesa è considerata un passo fondamentale dal consorzio di Shah Deniz, che ha già sottoscritto un accordo analogo con i tre azionisti di Tap, Statoil, Egl ed E.On (secondo fonti vicine al dossier Bp e Total ne rileverebbero il 20% ciascuna, mentre Socar avrebbe il 10%). In un'intervista rilasciata in agosto al Sole 24 Ore Al Cook, Vice President di Bp responsabile per Shah Deniz 2, aveva dichiarato che il consorzio intendeva firmare «al più presto» anche con Nabucco West perché voleva «offrire a entrambi i concorrenti le medesime condizioni», che prevedono anche un cofinanziamento e una collaborazione tecnica nelle fasi progettuali.
Se con Tap tutti gli accordi sono ormai formalizzati, nel caso del Nabucco c'è tuttavia «ancora molto da negoziare», ha ammesso ieri il portavoce Christian Dolezal. Il gasdotto, inoltre, sconta diverse altre debolezze: il suo costo, che deve ancora essere preventivato, quasi certamente sarà molto più elevato di quello della Tap, che fonti del Sole collocano intorno a 2,5 miliardi di euro. L'azionariato del Nabucco, inoltre, traballa: non solo la tedesca Rwe ha deciso di lasciare, cedendo il suo 16,5% all'austriaca Omv, ma l'ungherese Mol ha sospeso i pagamenti con cui contribuisce al progetto e lo stesso, a quanto pare, ha fatto la turca Botas.
Ai vertici di Tap ostentano sicurezza. «Siamo assolutamente sereni», ha dichiarato al Sole il Country Manager per l'Italia Giampaolo Russo. «Sappiamo che il consorzio di Shah Deniz effettuerà la scelta sulla base di criteri economici e noi da questo punto di vista siamo in vantaggio. Abbiamo tariffe di trasporto inferiori, un percorso più corto, una migliore fattibilità tecnica. Inoltre, abbiamo forti competenze: i nostri partner hanno già realizzato migliaia di chilometri di pipelines».
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