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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2013 alle ore 06:42.

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È stato per anni il più grande "fan" delle agenzie di rating, tanto da essere socio con il 10,93% di Standard & Poor's (cioè della sua casa madre McGraw-Hill) e con il 6,80% di Moody's. Ma d'ora in avanti Capital World Investors, una delle maggiori società di gestione del risparmio americane, rischia di diventare suo malgrado una spina nel fianco delle due agenzie di rating: dato che il fondo statunitense detiene più del 5% in entrambe le agenzie, le sue partecipazioni rischiano di finire fuori legge secondo il nuovo regolamento europeo. Cosa possa succedere ora, quali conseguenze possa produrre questo sforamento, in realtà non lo sa nessuno: sarà l'Esma (l'Autorità di vigilanza che dovrà stilare i regolamenti attuativi) a stabilirlo. La speranza è che, alla fine, la riforma riduca o scalfisca quel grande conflitto d'interessi che nasce dalle partecipazioni incrociate tra valutatori, valutati e utilizzatori dei rating. Quel gran conflitto ritenuto da molti con-causa della Grande Crisi.
In effetti guardando gli azionisti di Moody's e Standard & Poor's, cioè delle due maggiori agenzie di rating, di intrecci incestuosi se ne trovano a iosa. E questo crea enormi conflitti d'interessi: i maggiori fondi d'investimento del mondo si trovano infatti nel duplice ruolo di essere da un lato grandi soci delle agenzie di rating ma dall'altro anche utilizzatori dei rating stessi quando operano sui mercati obbligazionari. Il rischio è dunque che possano usare la loro "influenza" di azionisti di Moody's e S&P per "pilotare" in qualche modo le scelte sui rating. La nuova normativa europea cerca dunque di spezzare, almeno per i più grandi azionisti, questo doppio ruolo. Ci sono solo due «però». Uno: a ben guardare, la normativa tocca solo pochi soci. Due: i regolamenti attuativi dell'Esma potrebbero alla fine depotenziarne la portata.
Partiamo dal primo punto. Guardando la torta degli azionisti di Moody's e S&P (la Sec Usa ne pubblica una ufficiale ogni tre mesi), si scopre in realtà che di partecipazioni potenzialmente fuori legge ce ne sono solo due: quelle Capital World Investors e di Berkshire Hataway (la società del guru della finanza Warren Buffett). Le due partecipazioni di Capital World Investors sforano infatti il primo limite invalicabile previsto dal regolamento europeo: il divieto di detenere più del 5% in più agenzie di rating. Ebbene: Capital World è l'unico soggetto che supera il 5% sia in Moody's, sia in S&P. Questo è esplicitamente vietato dal regolamento.
Berkshire Hathaway, azionista di Moody's con il 12,75%, sfora invece l'altro limite invalicabile: quello secondo cui se qualcuno detiene più del 10% in un'agenzia di rating, quest'ultima non può assegnare valutazioni a società di cui il suo stesso azionista è socio con una quota superiore al 10%. Tradotto: se Berkshire Hathaway fosse azionista con più del 10% di una società europea, Moody's non potrebbe assegnare un rating a quella società perché Berkshire Hathaway è azionista anche di Moody's con più del 10 per cento.
Ma oltre a questi due casi clamorosi – stando ai dati ufficiali della Sec – la verità è che di incroci e di conflitti d'interessi se ne trovano molti altri. Ma pochi sforano i limiti della legge. Vanguard Group, grosso fondo Usa, è azionista di Moody's con il 5,24% e di S&P con il 4,91%: per un soffio, dunque, non supera il limite invalicabile del 5% in entrambe. Blackrock, il più grande fondo del mondo, ha il 2,29% di Moody's e il 2,72% di S&P. E così via.
Resta però la seconda domanda: cosa succede se questi azionisti non si adeguano alla legge? Nessuno, per ora, lo sa: tutto dipenderà dall'Esma. «A mio avviso per far rispettare queste regole un meccanismo efficace dovrebbe prevedere la sospensione delle agenzie di rating dall'attività in Europa in caso partecipazioni azionarie sopra i limiti – osserva Leonardo Domenici, relatore del provvedimento al Parlamento europeo –. Sarà però fondamentale il ruolo dell'Esma». La partita è solo all'inizio.
m.longo@ilsole24ore.com
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