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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2013 alle ore 09:48.
Rcs Mediagroup è già al lavoro sulla costituzione del consorzio di garanzia per il prossimo aumento di capitale. In questi giorni, secondo indiscrezioni, l'amministratore delegato Pietro Scott Jovane, affiancato dagli advisor di Credit Suisse, avrebbe infatti completato un primo giro di ricognizione con le banche d'affari. Sarebbero state contattate le principali banche italiane (Mediobanca, Intesa Sanpaolo, Unicredit, Bnl-Bnp Paribas) e qualche gruppo straniero, ottenendo la disponibilità di un buon numero di istituti (soprattutto italiani) a prendere parte all'operazione.
Restano alcuni nodi da sciogliere, di cui uno è quello della tempistica, che dovrebbe entrare concretamente nel vivo solo dopo le elezioni politiche, e l'altro sui soggetti (sia quelli del patto sia quelli esterni al patto) che daranno il via libera alla partecipazione all'operazione. Concretamente le banche avrebbero invece chiesto qualche rassicurazione: in particolare sul piano industriale con una miglior definizione degli interventi da attuare. La cifra che circola per l'iniezione di mezzi freschi sarebbe attorno ai 400 milioni, senza tener conto della possibile vendita dell'immobile di via San Marco (valore stimato intorno ai 300 milioni), retrostante la sede del Corriere della Sera di via Solferino, che non è in vendita.
Che si metta in moto il meccanismo per l'aumento di capitale conferma che l'operazione è inevitabile e non più di tanto rinviabile anche se, secondo le disposizioni di legge, Rcs avrebbe tempo ancora un anno per decidere sulla ricostituzione del capitale decurtato dalle perdite. Tuttavia ciò non significa che nell'azionariato ci sia ancora identità di vedute. A quanto risulta, i grandi soci riuniti nel patto di sindacato si erano lasciati prima di Natale con la previsione di essere chiamati concretamente a mettere mano al portafoglio non prima di giugno.
Passaggio indispensabile per poter valutare l'aumento è la definizione del piano industriale che, dopo le linee guida presentate a dicembre, è stato promesso in versione completa per il consiglio di bilancio che dovrebbe tenersi indicativamente tra fine febbraio e inizi di marzo. Sull'entità della ricapitalizzazione c'è però ancora un grosso punto interrogativo. L'obiettivo, ragionevole, del management sarebbe quello di azzerare l'indebitamento – 875,6 milioni a fine settembre dopo la cessione di Flammarion – dal momento che il gruppo è impegnato in un processo di rifocalizzazione i cui frutti non potranno essere raccolti a breve e già a novembre scade la linea di credito fino a un miliardo a condizioni irripetibili (tassi intorno al 2% e niente covenants). Ma l'azionariato che riunisce quasi i due terzi del capitale non pare orientato a sostenere un aumento di entità tale da ripianare tutto il debito. Non è escluso perciò che si proceda con una ricapitalizzazione che potrebbe anche rivelarsi insufficiente tra qualche anno, richiamando un necessario bis.
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