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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2013 alle ore 06:42.

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Presidente della Fondazione Montepaschi a 39 anni, al vertice della banca di Rocca Salimbeni a 44, presidente dell'Abi a 48, fuori da tutto a 50. È una parabola singolare quella disegnata da Giuseppe Mussari sotto i cieli bancari italiani. È il 2001 quando il sindaco di Siena, Pierluigi Piccini sponsorizza il giovane avvocato calabrese (salito a studiare all'eteneo toscano) come presidente dell'unica fondazione rimasta padrona di una grande banca nazionale. Come sempre, attorno a Piazza del Campo, sono impalpabili i confini fra relazioni personali e appartenenza a quella “sinistra senese” che ha sempre avuto tessera Pci-Pds-Ds-Pd. Certamente i dieci anni di Mussari ai diversi piani della Rocca sono stati fra i più turbolenti in 538 anni di storia.
Poco dopo la quotazione in Borsa, nel 1999, è nell'era Mussari che il Monte apre il suo capitale non solo al mercato ma anche ad altri partner strategici come Axa. Gli anni della Fondazione sono per Mussari i meno problematici: come vicepresidente dell'Acri (già pilotata da Giuseppe Guzzetti) diventa un portavoce ascoltato degli enti, sempre sotto pressione sul crinale fra finanza e politica. Ma è nell'autunno 2007 che Mussari viene catapultato sotto i riflettori della grande scacchiere bancario: con un'operazione-blitz acquista l'AntonVeneta dal Santander, che l'aveva appena ricevuta in eredità dalla spartizione delle spoglie dell'Abn Amro, oggetto della più grande Opa bancaria mai lanciata in Europa. E' il Monte di Mussari che riporta in Italia la banca padovana due anni dopo la bollente estate 2005: quando era stata la Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani a contendere Antonveneta all'Abn, mentre Unipol tentata di “difendere” Bnl dall'Opa del Bbva. Mps non nel 2005 si schiera, benché siano solidi sia i legami sia con la “razza padana” che dall'Opa Telecom è passata all'appoggio a Fiorani; sia le relazioni con le coop toscane e quelle emiliane. Mps – che ha già sostenuto la “contro scalata nazionale” alle Generali, è nel frattempo entrato anche in Mediobanca e l'acquisizione di Antonveneta lo proietta definitivamente alle spalle di Intesa Sanpaolo e UniCredit-Capitalia, le mega-fusioni perfezionate quell'anno. Nessuno si stupisce quindi che sia proprio Mussari ad emergere come presidente dell'Abi, nel 2010, dopo due presidenze molto “istituzionali” come quelle di Maurizio Sella e Corrado Faissola: lo appoggiano tutte le componenti Abi; i giganti e le grandi Popolari, le piccole banche. Piace il suo stile aggressivo nel difendere il sistema dalle crescenti ondate di impopolarità: in Italia (quando fa dimettere la presidenza Abi in polemica con il governo Monti sulle commissioni) o quando attacca frontalmente l'Eba dopo lo stress test di fine 2011. Il suo tallone d'Achille rimane l'acquisizione “impossibile” di AntonVeneta: 9 miliardi di euro. I conti della banca non ce la fanno nonostante acrobazie sul capitale. E nelle primavera scorsa la Procura di Siena apre un fascicolo sugli ultimi anni. Mussari non è indagato, e dopo una pausa di riflessione chiesa dal presidente di Intesa Sanpaolo Giovanniu Bazoli, i saggi Abi lo riconfermano. Con una scommessa perduta ieri.
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LA CARRIERA
Tra diritto e finanza
Nato a Catanzaro nel 1962, Giuseppe Mussari studia giurisprudenza a Siena. Si avvicina alla politica con il Pci prima, e il Pds poi, per iniziare ad esercitare la carriera di avvocato diventando, nel 1993, presidente della Camera penale senese. Il salto nella finanza lo compie nel 2001, quando viene nominato presidente della Fondazione. Mussari diviene poi presidente di Mps nel 2006 e successivamente, nel 2010, assume la guida dell'Abi: carica confermata nel 2012 e dalla quale si è dimesso ieri sera.

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