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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2013 alle ore 12:26.
Il target è il medesimo: Banca Antonveneta. L'esigenza analoga: rafforzare i rispettivi coefficienti patrimoniali prima del suo acquisto. Per farlo si strutturano complicate operazioni straordinarie "a tempo" con importanti banche straniere. E si sceglie un intermediario discreto. Lo stesso per entrambe le operazioni: la scalata ad Antonveneta di Gianpiero Fiorani e l'acquisto per 9 miliardi di euro di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi di Siena di Giuseppe Mussari.
Anche i tempi coincidono: 2005 la scalata dei «furbetti», 2008 la conquista senese di Padova. Il broker si chiama Lutifin Sa, è svizzero, e sbuca dalle carte di un'inchiesta che con Siena non ha nulla a che fare. A indagare, infatti, è stato il Nucleo di polizia tributaria di Milano coordinato dal pm Roberto Pellicano, che proprio in queste settimane si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di diciotto persone legate alla società di brokeraggio ticinese.
Ed è proprio dalle carte di quest'ultima inchiesta che spunta, a sorpresa, il collegamento. In entrambi i casi, Mps e Banca Popolare Italiana, abbiamo due grandi banche che per chiudere le suddette operazioni, potrebbero agevolmente fare a meno di un intermediario, la cui «utilità di interposizione è assolutamente nulla sul piano commerciale», si legge nelle carte dell'inchiesta. Giusto. E allora perché lo fanno? Forse, sospettano gli investigatori, per schermare da occhi indiscreti flussi inconfessabili di retrocessioni commissionali.
Perché Monte dei Paschi di Siena, per chiudere un'operazione con Dresdner Bank, utilizza la Lutifin per scambiare un prodotto strutturato da 120 milioni di euro? La risposta la danno i finanzieri del Nucleo milanese in una delle informative destinate a Pellicano. «È stato accertato che la Lutifin Services SA era stata utilizzata quale veicolo per effettuare pagamenti riservati nei confronti di alti dirigenti del Monte dei Paschi di Siena, in cambio dell'acquisto, da parte dell'istituto di credito da cui dipendevano di un "pacchetto titoli" all'interno dei quali ve ne erano alcuni (i cosiddetti Cdo) che presentavano forti perdite per Dresdner Bank».
Nel dettaglio, il prodotto strutturato aveva un codice Isin (una sorta di "targa" che hanno tutti gli strumenti finanziari): XS0257560028. L'emittente era Skylark Ltd, società veicolo di Dresdner Bank con sede alle Cayman.
La transazione risale al novembre 2007: nella fattura numero 30, emessa da Lutifin e trovata dai militari in una chiavetta Usb sequestrata dall'autorità svizzera, si chiede a Dresdner il pagamento di 600mila euro, pari allo 0,5% dello "strutturato" da 120 milioni. Una fattura che arriva dopo un contratto di consulenza siglato il 18 gennaio 2007 fra Dresdner e Lutifin. Transazione su cui anche il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, si trovò a indagare. Ma l'archiviazione era fatale. Allora la corruzione privata non era ancora un reato. «È stato di fatto acclarato – scrivono ancora i finanzieri – che l'operazione in questione altro non era che un "riacquisto di titoli" in precedenza ceduti da Dresdner Bank nei confronti di Monte dei Paschi di Siena, sede di Londra». Obiettivo di tutta la transazione? «Quello di far ristrutturare il "pacchetto" a Mps, la quale si è occupata in definitiva di sostituire i titoli in sofferenza con altri in salute, in modo tale da consentire a Dresdner Bank di neutralizzare le perdite che stava subendo, scaricandole di fatto in capo a Mps».
Stavolta è dunque la banca toscana a compiere l'opera del "ristrutturatore" di prodotti finanziari altrui. A questo punto la domanda è: ci sono stati impatti contabili da tale operazione sui conti dell'istituto senese? Da Mps, confermano l'acquisto (giugno 2006) e la successiva vendita (novembre 2007) a Dresdner specificando che «la nota è una credit linked note e possiamo dire che il prezzo di vendita è stato superiore al prezzo di acquisto. A quanto ci risulta la banca ha conseguito un profitto». Visto il protagonista della vicenda (Dresdner) è immancabile un legame con Alexandria: «Il collegamento con il veicolo Alexandria Plc è rappresentato dal fatto che il rischio sottostante Alexandria era un Cdo emesso da Skylark - continuano dalla banca -. Dresdner utilizzava differenti veicoli a cui attribuiva questo nome ma il legame tra le due operazioni finisce qui». Fino alla prossima puntata.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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