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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 17:01.

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Giampaolo Galiazzo, fondatore della società di consulenza indipendente Tiche di Treviso e consulente tecnico di parte in procedimenti giudiziari contro banche e SgrGiampaolo Galiazzo, fondatore della società di consulenza indipendente Tiche di Treviso e consulente tecnico di parte in procedimenti giudiziari contro banche e Sgr

Sulle banche che hanno derivati Over the counter (Otc) con un valore di mercato negativo incombono due rischi: il primo è che gli istituti più “deboli” possano essere costretti a chiudere le proprie posizioni in perdita in un momento di crisi. L’altro rischio, più di “sistema”, è che molti istituti possano trovarsi nella stessa condizione contemporaneamente e che questo possa causare un effetto domino. Più trasparenza sui dati a livello mondiale aiuterebbe a eliminare l’opacità che regna su questi strumenti Otc. La pensa così Giampaolo Galiazzo, fondatore della società di consulenza indipendente Tiche di Treviso e consulente tecnico di parte in procedimenti giudiziari contro banche e Sgr, nel commentare i dati Bankitalia sui valori di mercato dei derivati Otc aggiornati al 30 settembre scorso.

Dai dati di Banca d’Italia emerge che le perdite potenziali delle controparti bancarie italiane verso le banche stesse salgono a quasi 32 miliardi di euro (il 40% delle perdite potenziali complessive), un aumento di due miliardi rispetto al trimestre precedente: ma le banche hanno davvero ben presente i rischi di questi derivati?
È un dato di fatto che dall'inizio della crisi, cinque anni fa, le perdite potenziali siano praticamente raddoppiate, e il ritmo di crescita non accenna a diminuire, anzi. Domandarsi se i vertici bancari davvero comprendono i rischi di questi derivati, alla luce di quanto sta accadendo al Monte dei Paschi, è legittimo. La sensazione è che il fenomeno sia poco compreso nelle sue implicazioni sistemiche.

È possibile che in questi 32 miliardi si ritrovino le perdite di 740 milioni registrate da Mps?
È possibile, sempre che la perdita potenziale sia stata correttamente segnalata alla Centrale dei Rischi di Banca d'Italia dalla banca controparte.

La perdita media per ciascuno dei 483 istituti coinvolti è di 66 milioni: ma non sono un po' tanti 483 istituti bancari in Italia?
In effetti sì. In Italia, secondo i dati Banca d'Italia, sono 74 i gruppi bancari, che controllano in tutto 182 istituti. Le sedi legali con almeno una succursale sono invece 724 e fanno riferimento in gran parte a istituti stranieri presenti in Italia o a banche monosportello. Il che significa che un numero consistente di questi istituti, circa i due terzi, sono in un modo o nell'altro coinvolti con perdite potenziali su derivati.

Ma quali sono i rischi reali di queste perdite potenziali sui derivati Otc sottoscritti dalle banche?
Il rischio principale è che gli istituti più deboli patrimonialmente (lo stesso discorso vale anche per enti locali e imprese) possano essere costretti a chiudere le proprie posizioni in perdita in un momento in cui la stessa non sia sostenibile per il loro conto economico. Il rischio sistemico è che molti istituti possano trovarsi nella stessa condizione contemporaneamente e che questo possa causare un "effetto domino".

Al di là della crescita delle perdite potenziali per le banche anche gli enti locali e le imprese non se la passano bene.
Esatto, la situazione è analoga e configura un incremento del debito (le perdite) e del credito (i guadagni corrispettivi). Ma ciò che più conta sono le attività sottostanti ai derivati e da cui i derivati, appunto, discendono. Su questo aspetto del fenomeno non abbiamo purtroppo ancora nessuna misura utile.

I tassi d’interesse sia a breve sia a lungo termine dal 2005 a oggi sono andati su è giù: perché invece nello stesso periodo i valori di mercato di questi derivati sono sempre sfavorevoli a enti locali e imprese?
È proprio questo l'aspetto più inquietante del fenomeno derivati in Italia: al variare dei parametri sottostanti, principalmente tassi d'interesse, le perdite comunque continuano ad aumentare: sembra quasi un gioco del tipo: testa vinco io, croce perdi tu. È probabile inoltre che tutto ciò sia imputabile anche alla presenza di costi occulti applicati dalle banche e oggetto del contenzioso tra molti enti locali e imprese contro gli istituti di credito.

Il decreto ministeriale che sblocca i nuovi derivati per gli enti locali è bloccato ormai da quattro anni mentre sono sempre possibili le rinegoziazioni dei vecchi contratti. Quale potrebbe essere la via di uscita "indolore" per tutti i partecipanti (enti, banche, imprese) al mercato dei derivati Otc?
Non è semplice immaginare soluzioni a un problema senza averne precisato la natura e i contorni: la direzione giusta è quella tracciata dalle istituzioni europee, in accordo con quasi tutti i Paesi del mondo ma molto si potrebbe fare, da subito, per comprendere e governare il fenomeno se si agisse sulla trasparenza e pubblicità dei dati: è nell'opacità del sistema finanziario che si nascondono le maggiori minacce per l'economia mondiale: la luce del sole di solito è un buon disinfettante, anche se quasi sempre brucia.

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