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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2013 alle ore 06:41.
di Gianni Dragoni Dal maquillage nei conti, avviato dal cda Alitalia con lo scorporo del programma Millemiglia per creare l'illusione di una rivalutazione del patrimonio, al maquillage dell'Atr rumeno uscito di pista a Fiumicino. Una mano di vernice bianca ha fatto sparire la livrea di Alitalia e il tricolore dalla fusoliera del turboelica incidentato. E quel gesto assume un significato emblematico: la manina che ha ricoperto i colori e il marchio dell'Alitalia ha cancellato anche i simboli di un'italianità forzata.
Quella voluta nel 2008 da Silvio Berlusconi per respingere, ci riuscì con il concorso dei sindacati, dalla Cgil di Guglielmo Epifani all'Ugl di Renata Polverini, un'offerta di Air France-Klm che avrebbe comprato dal governo Prodi l'Alitalia pubblica prendendosi tutti i debiti finanziari, rimborsando le obbligazioni convertibili, lasciando a casa 2.200 lavoratori e non 7mila come ha fatto la Cai, la cordata italiana dei «Capitani coraggiosi». Fare quell'operazione, anziché cedere la malconcia Alitalia ai francesi, è costato 3 miliardi di euro ai contribuenti. Il bilancio di quest'esperienza dice che non si è realizzato il presupposto sul quale si basava la compagnia «italiana», secondo il piano messo a punto da Intesa Sanpaolo allora guidata da Corrado Passera, oggi ministro: aumentare i voli diretti tra l'Italia e il resto del mondo, per attirare più turisti, favorire la crescita, le imprese, chi viaggia per lavoro. La concentrazione tra Alitalia e Air One ha generato, oltre a un monopolio su molte rotte nazionali, una compagnia più piccola, c'è chi la chiama «di bandierina», con 100 aerei in meno della somma tra i due vettori, meno voli, quote di mercato inferiori, a vantaggio di concorrenti stranieri. Con i motori al minimo, neanche i conti della Cai sono decollati: in quattro anni ha bruciato almeno 870 milioni. Adesso i soldi sono finiti. I venti azionisti italiani, che Berlusconi chiamò «patrioti», gestori di autostrade e acciaierie, finanzieri, immobiliaristi, costruttori, proprietari di cliniche e giornali, operanti in appalti pubblici o settori a contatto con il governo, guidati da Intesa e da Roberto Colaninno, l'imprenditore cerniera con Pd, intendono vendere le loro quote. L'acquirente più accreditato è, di nuovo, Air France-Klm, pagherebbe però solo una frazione del prezzo rispetto al 2008. L'italianità forzata, accompagnata dalla ricerca di risparmi a ogni costo, ha portato anche all'appalto «low cost» di voli in affitto a compagnie rumene come la Carpatair o la slovacca AirExplore, utilizzata l'estate scorsa per i charter delle vacanze. Intanto, 4.500 dipendenti dell'ex Alitalia sono rimasti in cig e ora in mobilità.
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