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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2013 alle ore 16:04.
L'ultima modifica è del 02 febbraio 2013 alle ore 16:05.

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«Mario Draghi è stato l'uomo dell'anno 2012 (per il Financial Times ndr) ma potrebbe perdere la sua corona se la corsa dell'euro soffocherà l'economia». È questa la considerazione che gli analisti di Soc Gen fanno in un recente report dedicato alla moneta unica.
Considerazione che nasce dal fatto che, se è vero che la Bce di Mario Draghi è stata decisiva nel placare la tempesta degli spread, dotandosi della facoltà di acquistare titoli di Stato dei Paesi in difficoltà (attraverso lo strumento delle Omt), è altrettanto vero che questo ha avuto l'effetto collaterale di far risalire le quotazioni dell'euro. Ieri la moneta unica ha raggiunto un nuovo massimo da fine 2011 rispetto al dollaro, con un picco di seduta a quota 1,3711 dollari, e toccato 126,97 yen (record da aprile 2010).

Perché l'euro corre
La seduta di ieri è stata l'ennesima con il segno più per la moneta unica che da parecchi mesi sta correndo. Dai minimi di luglio dell'anno scorso, quando a causa della crisi la moneta unica quotava 1,21 dollari, c'è stato un recupero del 13,6% sulla valuta Usa.
Ancor più impressionante il balzo del cambio con lo yen giapponese. Da luglio l'euro/yen ha guadagnato il 34,6 per cento. L'inversione di tendenza c'è stata proprio nei giorni in cui il numero uno della Bce Mario Draghi pronunciò il famoso discorso sull'irreversibilità dell'euro che allontanò le paure dei mercati innescando la «normalizzazione» degli spread tutt'ora in corso.

Questo fatto, di per sè positivo, grazie al quale Draghi è stato nominato uomo dell'anno dall'Ft, ha avuto le citate ripercussioni sul mercato valutario. Un trend che è stato amplificato a settembre, con il varo da parte della Fed americana di un un nuovo piano di acquisto di titoli di Stato (quantitative easing) e a dicembre con la vittoria elettorale in Giappone di Shinzo Abe. Un evento che ha provocato una violenta svalutazione dello yen (la maggiore da vent'anni a questa parte) dato che il leader liberaldemocratico, in campagna elettorale, aveva fatto forti pressioni sulla banca centrale giapponese perché adottasse una politica monetaria espansiva. Come è avvenuto all'ultimo direttivo della Bank of Japan in cui ha deciso una nuova maxi iniezione di liquidità fissando un nuovo target di inflazione al 2 per cento.

Quello che è successo insomma è stato che, al naturale "effetto fiducia" legato al calo degli spread, si sono sommati quelli della cosiddetta "guerra delle valute" in cui le maggiori banche centrali, tranne la Bce, si fanno la gara a chi svaluta di più la propria moneta. Non è stato solo per le mosse delle altre banche centrali tuttavia che l'euro è risalito. Nell'ultimo mese infatti ha contribuito la stessa Bce, che nell'ultimo direttivo ha fatto capire chiaramente di non voler ridurre il costo del denaro come molti si aspettavano. In prospettiva poi, gioca a favore di un rialzo dell'euro anche la riduzione dell'eccesso di liquidità per effetto della decisione delle banche di restituire i fondi delle aste Ltro.

Borse contrastate
Ieri il saldo è stato aggiornato a 140,6 miliardi dato che, ai 137,1 miliardi rimborsati la scorsa settimana, se ne sono aggiunti ulteriori 3,5 miliardi come ha fatto sapere ieri la stessa Eurotower. Il dato, pur nettamente inferiore ai 20 miliardi attesi dal mercato, ha avuto comunque un impatto, sia sulle quotazioni dell'euro, che sull'andamento delle Borse.
Sull'azionario la giornata ieri è stata a due direzioni: positiva per Francoforte (+0,74%), Parigi (+1,10%), Londra (+0,69%) e Wall Street (con il Dow Jones oltre 14mila punti ai massimi da 5 anni), negativa per i Paesi periferici: Madrid infatti ha perso l'1,59% mentre Piazza Affari ha chiuso a -0,69 per cento. Entrambi i listini sono stati affossati dalle vendite sui bancari. Ribassi che a Madrid sono stati amplificati dal mancato rinnovo del divieto di vendite allo scoperto (short selling). Giù i titoli del credito anche a Piazza Affari (-1,86%) su cui è scattata un'ondata di vendite poco dopo le 15, quando le agenzie hanno battutto la notizia dell'indagine della procura di Trani sui derivati emessi da cinque banche italiane: Mps (-5,92%), Bnl, Unicredit (-2,57%), Intesa San Paolo (-2,93%) e Credem.
In leggero rialzo lo spread Bund-BTp (a 265 punti), con gli investitori che si sono ricoperti sul Bund e hanno venduto BTp (al 4,32% il tasso sul decennale).

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