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Questo articolo è stato pubblicato il 07 febbraio 2013 alle ore 08:08.
C'è un aspetto tutto da approfondire nella vicenda che ha trascinato sotto inchiesta l'ex chair man della bpm Massimo Ponzellini, il suo consulente Antonio Cannalire, l'ex dg Enzo Chiesa, l'imprenditore della Atlantis Bplus Francesco Corallo, il parlamentare Marco Milanese e altri manager, legali, uomini d'affari e commercialisti. Riguarda la recente decisione da parte della banca di piazza Meda di rimettere la querela nei confronti dello stesso Corallo che, lo ricordiamo è ancora latitante.
Si tratta di una decisione che può influire sui capi d'accusa che pendono nei confronti degli indagati. Perché? L'articolo del codice civile che viene contestato è il 2.635 e parla di «Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità». Recita: «Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, a seguito della dazione o della promessa di utilità compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio, cagionando nocumento alla società sono puniti con la reclusione sino a tre anni. La stessa pena si applica a chi dà o promette l'utilità. La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea» E la norma si chiude con la frase: «Si procede a querela della persona offesa». Ed è questo il punto. Mancando la querela della banca non è possibile procedere penalmente.
Trattandosi di fatti avvenuti prima del 28 novembre 2012 data in cui è entrata in vigore la nuova normativa sulla corruzione privata (che prevede la procedibilità d'ufficio) non era possibile applicare la nuova normativa.
Che cosa ha spinto, dunque, la Bpm ad ammorbidire la propria posizione nei confronti di colui che sembrerebbe avere concorso a crearle un danno reputazionale difficilmente calcolabile? In apparenza il fatto di non avere subìto danni. Ma c'è una circostanza su cui i pm Roberto Pellicano e Mauro Clerici si sono soffermati. Si tratta di una lettera inviata dalla società di Corallo Bplus datata novembre 2012 indirizzata singolarmente a tutti i membri del consiglio di sorveglianza della banca e mai consegnata agli organi inquirenti. Una lettera in cui si invita «a una doverosa riconsiderazione della volontà espressa con il cda del 31 gennaio 2012 in ordine alla proposizione della querela, procedendo a una rimessione parziale della querela medesima...specificando di non aver subìto alcun nocumento».
Sembrerebbe, dunque, esser Corallo, attraverso la Bplus a «dettare la linea» di comportamento alla banca. E la banca sembrerebbe obbedire alle istruzioni. Quando intercettano la lettera i pm scrivono al giudice per le indagini preliminari. E' un testo durissimo nella forma e nella sostanza: «Una "mossa così palesemente scorretta si fonda probabilmente su una consapevolezza: di trovare terreno fertile nei suoi interlocutori che, stranamente (ma non tanto) sono individuati e quindi chiamati in causa nominativamente, soggetto per soggetto, senza ovviamente risparmiare il Presidente del consiglio di gestione dott. Andrea Bonomi individuato ormai molto chiaramente nella strategia difensiva del Corallo come "il nemico". Bonomi è oggetto di accuse molto pesanti che se solo fossero prese seriamente in considerazione dal consiglio di sorveglianza dovrebbero imporre la messa in discussione della revoca del suo incarico».
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