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Questo articolo è stato pubblicato il 10 febbraio 2013 alle ore 08:16.

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I capisaldi li ha indicati, poco meno di un anno fa, il piano decennale di sviluppo delle reti elettriche europee, messo a punto da Entso-E, l'associazione che raggruppa tutti gli operatori di rete: perfezionamento del mercato, integrazione delle rinnovabili e sicurezza degli approvvigionamenti. Anche perché molti dei "colli di bottiglia" individuati in Europa sono legati all'integrazione delle energie verdi e quindi il potenziamento dei newtwork elettrici è uno snodo fondamentale per il futuro energetico del Vecchio Continente. Senza contare poi che - segnalano gli ultimi report di Ubs e Deutsche Bank - le grandi utility europee dovranno fare i conti con un calo della domanda di energia, legato alla recessione, e con la concorrenza crescente delle rinnovabili che ha messo alle corde l'intero sistema, peraltro sviluppatosi in modo disomogeneo.
Lo sforzo dei Tso
L'impegno ad accelerare lo sviluppo i 51.500 chilometri di linee di tramissione elettrica in Europa, con una stima di 104 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni, non è dunque un imperativo categorico da declinare solo in chiave nazionale. Ma è da considerarsi una mission fondamentale per i gestori di rete in Europa (Tso, transmission sistem operator) che stanno potenziando gli sforzi nonostante la congiuntura non favorevole - le infrastrutture sono state penalizzate dall'accordo Ue siglato venerdì - e i diversi modelli esistenti lungo il Continente: dal Tso indipendente (Terna, National Grid o Red Electrica Espana), all'operatore ancora integrato nella produzione e spesso pubblico (è il caso della Francia, con Rte controllato da Edf), fino all'esperienza tedesca con quattro diversi gestori, indipendenti sì, ma non integrati tra loro (tanto che il governo sta pensando a un piano di investimenti nazionale).
Assetti in parte o del tutto differenti, quindi, ma obiettivi identici. Per i quali la spa guidata da Flavio Cattaneo ha messo in campo, dopo aver realizzato opere per 6,5 miliardi, ulteriori 4,1 miliardi di euro di investimenti, avendo già raddoppiato la Rab della rete elettrica italiana, dai 5 miliardi circa del 2005 - quando era ancora sotto il controllo dell'Enel - agli oltre 10 attuali, annullando la distanza con l'omologo francese in termini di "peso" degli asset. E, garantendo nello stesso arco di tempo, la migliore redditività europea in termini di total shareholder return. Segno che il modello di gestore della rete indipendente dalla produzione, unito all'impegno sulle attività non tradizionali, ha assicurato investimenti e creazione di valore.
La sfida delle utilities
Quanto alle società non regolate dovranno fronteggiare uno scenario mutato in cui, come evidenzia Ubs, le centrali a gas cresciute a dismisura subito dopo le grandi privatizzazioni, soffrono ora di un cronico problema di sovraccapacità tanto che, secondo Ubs, il 45% degli impianti andrebbe spento per stabilizzare i profitti. Così, dopo il grande shopping passato, ora le parole d'ordine per i "big" dell'energia sono tagliare il debito, dismettere gli asset non strategici e fare efficienze sui costi (fino al 15% sui base) con inevitabili riflessi su dividendi e investimenti. Tutte criticità che scontano anche le multiutility italiane: come Iren, che a luglio ha toccato i minimi storici in Borsa, e come la stessa A2A, che è a tutti gli effetti il secondo produttore italiano dietro Enel dopo avere comprato Edipower. Entrambe le ex municipalizzate stanno risalendo la china, sul conto economico e in Borsa, ma la medicina imposta dai nuovi piani industriali non è tanto diversa da quella dei big europei: il payout sui dividendi è stato abbassato al 60-65% e le risorse aggiuntive verranno dedicate soprattutto al miglioramento della posizione finanziaria netta. Più critica è la situazione di Sorgenia, che nel 2012 registrerà il primo rosso della storia e punta a ridurre il debito.
In Germania, poi, Rwe ed E.On stanno affrontando anche la "rottamazione" del nucleare. Proprio E.On, a fine gennaio, ha previsto che i profitti 2013 caleranno del 15% dopo che nei mesi scorsi erano stati annunciati 11mila esuberi. Già a dicembre, Gdf Suez aveva invece rivisto al ribasso l'utile 2013 e 2014 spingendo l'acceleratore sulle dismissioni con la cessione, in Italia, dei parchi eolici a Erg per 860 milioni. E uno sforzo, segnala Ubs, sarà poi chiesto anche all'Enel che potrebbe essere costretta a vendere asset per migliorare la redditività e ridurre l'esposizione, sebbene abbia rispettato i target 2012 su Ebitda e indebitamento.
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