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Questo articolo è stato pubblicato il 20 febbraio 2013 alle ore 06:42.

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Siedono su 5 miliardi di debiti e 3 miliardi di minusvalenze, se si esclude qualche caso virtuoso. Sono i numeri delle principali scatole di Borsa nate per custodire pacchetti strategici, a volte di controllo, nelle realtà di spicco di Piazza Affari e oggi in crisi di identità e di liquidità. Le varie Telco, Effeti, Invag, Camfin, Igli, Finsoe e Sintonia, per le ragioni più disparate sono destinate a scomparire o quantomeno a venir ridisegnate. In alcuni casi, vedi i veicoli Effeti e Camfin, il futuro è legato all'esito di lotte interne o battaglie legali tra vecchi alleati. In altri, come Igli e Sintonia, la possibile scomparsa si intreccia con operazioni di riassetto straordinarie, leggasi l'Opa di Pietro Salini su Impregilo e l'offerta pubblica di scambio di Atlantia su Gemina. In altri ancora, come Telco e Invag sono i delicati equilibri finanziari che impongono una revisione dell'assetto. Insomma a distanza di pochi anni dalla loro costituzione è già ora di bilanci, purtroppo spesso in rosso.
I numeri aggregati di queste scatole, secondo un'elaborazione del Sole 24 Ore sui dati di bilancio disponibili, vede un debito complessivo di 5,7 miliardi, un controvalore delle partecipazioni di 9 miliardi rispetto a un prezzo di carico di 10,5 miliardi per una minusvalenza inespressa di 1,18 miliardi. L'equilibrio è instabile ma tutto sommato ancora sostenibile. Il dato, però, cambia e sensibilmente se al computo si toglie il contributo di Sintonia. Il veicolo che fa capo alla famiglia Benetton e che controlla Atlantia e Gemina ha un'esposizione verso il sistema bancario di 762 milioni a fronte di un valore degli asset di 4,8 miliardi che si confronta con un valore di carico di 3 miliardi. Dunque c'è una plusvalenza inespressa di 1,8 miliardi. Considerare o meno Sintonia all'interno del bilancio complessivo cambia decisamente volto all'indagine. Escludendola infatti l'equilibrio diventa davvero precario. Il debito si attesta attorno ai 5 miliardi, addirittura superiore agli asset sottostanti che in Borsa valgono 4,5 miliardi. In più ci sono minusvalenze latenti per 3 miliardi di euro. A pesare sull'aggregato sono principalmente i valori riferibili a Telco, Effeti, Invag e Finsoe.
Nel caso di Telco (vedi altro articolo in pagina) ci sono debiti per 2,8 miliardi a fronte di una partecipazione che in Borsa non arriva a 2 miliardi mentre nei conti è contabilizzata, a valle dell'ultima svalutazione, per 3,6 miliardi. Quanto a Finsoe, la scatola cui fa capo il controllo del gruppo Unipol, il bilancio più recente che si è potuto consultare è quello relativo al 2011 quando l'operazione di aggregazione con Fondiaria Sai non era ancora partita. All'epoca, tuttavia, la scatola delle Coop aveva debiti per 900 milioni e la partecipazione del 50,75% in Ugf era iscritta a 1,8 miliardi. Oggi, quel pacchetto vale a Piazza Affari 431 milioni. In proposito, però, c'è da dire che l'operazione di riassetto cambierà i valori in gioco ma ancora non è possibile verificarne la portata.
Discorso a parte, invece, meritano i veicoli che partecipano alle Generali. Effeti, partecipata da Fondazione Crt e da Ferak, galassia Palladio Finanziaria, è protagonista di un confronto serrato tra l'ente e la merchant bank che mette in discussione l'esistenza stessa della newco. Al momento i partner non hanno ancora trovato una soluzione condivisa sul futuro della scatola complice anche il fatto che l'investimento nel Leone non ha dato i frutti sperati. Effeti ha infatti in carico il 2,15% delle Generali a 18 euro per azione contro un prezzo di mercato di 12,8 euro e quindi incorpora una minusvalenza complessiva di quasi 200 milioni a fronte di debiti, stando al bilancio 2011, di 426 milioni (326 milioni di debito bancario principalmente verso Veneto Banca e 100 milioni di prestito obbligazionario).
Copione simile per Invag, la newco che raccoglie diversi imprenditori italiani e a suo tempo costituita sotto la regia di Mediobanca, a cui fa capo l'1,35% di Trieste. Nei conti del 2011 la partecipazione è stata svalutata a 23 euro a titolo peccato che in Borsa, come detto, il titolo stia poco sopra i 12 euro: tradotto significa una minusvalenza implicita di 210 milioni.
Fanno da contraltare, invece, i casi Camfin e Igli. Il veicolo a cui fa capo il controllo del gruppo Pirelli è scosso da una battaglia intestina tra i soci chiave, Marco Tronchetti Provera e la famiglia Malacalza, sembra destinato a scomparire una volta sistemata le questioni legali "interne". I conti, intanto, tornano: la plusvalenza sull'investimento del 26% nella Bicocca è di 357 milioni a fronte di debiti per 400 milioni e di un valore della partecipazione di 1 miliardo. Infine, il caso Igli. Se il gruppo Gavio dovesse decidere di consegnare in Opa le azioni Impregilo porterebbe a casa 130 milioni di incasso netto. Il debito, infatti, è di 178 milioni, la partecipazione vale in Borsa 480 milioni ed è in carico a 350 milioni.
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