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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2013 alle ore 06:47.

Sarà Andrew Mackenzie, attuale responsabile della divisione metalli non ferrosi di Bhp Billiton, a prendere le redini della più grande mineraria del mondo quando l'attuale ceo Marius Kloppers si ritirerà, il 10 maggio. Il gruppo ha optato come molti si aspettavano per una successione interna, ma la scelta del nome non era affatto scontata e potrebbe segnare un cambio di orientamento nel gruppo, nonostante Bhp assicuri di non voler modificare le sue strategie.
Nonostante si occupi da tempo di miniere, Mackenzie proviene dal settore petrolifero e Bhp Billiton, per quanto nota soprattutto per la sua produzione di minerale di ferro e metalli industriali, ormai deriva un terzo dei suoi profitti proprio dagli idrocarburi, con una produzione giornaliera che supera i 600mila barili equivalenti petrolio.
Cresciuto in un piccolo centro industriale alle porte di Glasgow, in Scozia, Mackenzie è un geologo con un curriculum ricco di pubblicazioni accademiche, che può rivendicare la paternità di scoperte scientifiche applicate ancora oggi nei giacimenti del Mare del Nord. Per 22 anni ha lavorato per Bp, prima come ricercatore, poi come manager. Nel 2004 il passaggio a Rio Tinto, da cui proprio Kloppers lo convinse a dimettersi nel 2007 per raggiungerlo in Bhp, di cui aveva assunto la guida in ottobre. «È un dirigente raro – ha affermato ieri il presidente di Bhp, Jac Nasser – perché ha esperienza nel petrolio e nel gas, nella petrolchimica e anche nel settore minerario. Tutto questo ci sta a pennello».
Nasser ha avuto parole di elogio anche per Kloppers: il manager, che verrà forse ricordato soprattutto per i takeover falliti – tra cui quelli di Rio Tinto e del gigante canadese dei fertilizzanti Potash Corp of Saskatchewan – è stato nominato ceo di Bhp al culmine del rally delle materie prime, ma ha saputo navigare bene anche in tempi di crisi: «Nonostante le condizioni economiche fossero difficilissime – ha sottolineato Nasser – Marius e il suo team hanno creato valore per gli azionisti, superato in modo significativo i concorrenti». Dal 2008 Bhp ha in effetti distribuito 36 miliardi di dollari, di cui 24 in dividendi: un ritorno superiore al 50%, contro il 4% ottenuto da chi ha investito in Rio Tinto e le perdite dei soci di Xstrata (-41%) e AngloAmerican (–47%).
È s stato lo stesso Kloppers, tra l'altro, a gettare le basi per la diversificazione del gruppo, con importanti – anche se non sempre fortunati – investimenti nell'Oil & G sas (c son il crollo dei prezzi del metano s negli Usa s, Bhp ha dovuto fare svalutazioni per s2,8 miliardi di $ nello shale gas).
sIeri il gruppo ha annunciato un altro writeoff da 3 miliardi, per sasset nel nickel e nell'alluminio, in parte compensato dal ricavato di parecchie dismissioni , srelative a diamanti, carbone, Gnl e uranio. L'utile netto – su cui shanno pesato anche i ribassi delle materie prime e i cambi valutari – sè crollato del 58% a 4,2 miliardi: il peggior risultato da un decennio per il gruppo, nonostante un taglio dei costi pari a 944 milioni. Il fatturato è sceso a 32 miliardi (-14%).
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