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Questo articolo è stato pubblicato il 21 febbraio 2013 alle ore 06:46.
L'oro ha accelerato la discesa, imboccando un percorso che secondo alcuni analisti potrebbe essere senza ritorno: in parole povere, il lingotto potrebbe aver invertito la direzione, dopo dodici anni di rally, per avviare un nuovo ciclo, questa volta ribassista.
Mentre montava l'attesa per le minute della Federal Reserve – che molti si aspettavano orientata a rallentare le operazioni di quantitative easing – le vendite sul mercato dell'oro si sono fatte sempre più intense. Fra i trader si è sparsa la voce di liquidazioni da parte di un grande hedge fund: in effetti anche altre materie prime, in particolare i metalli e il petrolio, hanno subìto pesanti e repentini ribassi.
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Il crollo del lingotto – che è sceso a fino a 1.559,25 dollari l'oncia, il minimo dallo scorso luglio – sembra tuttavia aver avuto un'origine autonoma, legata in gran parte a fattori tecnici. Sui grafici si è evidenziata quella che gli analisti chiamano "croce della morte": la media mobile dei prezzi degli ultimi 50 giorni è scesa sotto quella degli ultimi 200 giorni. Un evento che prelude a una prolungata e spesso accentuata fase di ribassi, anche se qualcuno – andando ad analizzare le reazioni passate – si è accorto che l'oro non è poi così reattivo a questo genere di incroci. Ryan Detrick, senior technical strategist di Schaeffer's Investment Research, afferma che dal 1972 a oggi ci sono state 22 "croci della morte" sul mercato dell'oro, ma che in media le quotazioni sono salite dell'1,3% nel mese successivo, andando meglio del +0,9% medio realizzato in un mese qualsiasi.
Sta di fatto che l'oro, ai valori odierni, ha del tutto cancellato l'effetto dell'ultimo round di quantitative easing, che è tuttora in corso, anche se la Fed ha cominciato a discutere i tempi e le modalità di una sua interruzione. Molti analisti, inoltre, fanno notare che non è solo l'analisi tecnica a giocare a sfavore dell'oro, ma anche importanti fattori fondamentali. I tassi di interesse reali a 10 anni, benché tuttora negativi, da dicembre sono in ripresa: una tendenza che disincentiva il possesso di oro, tanto più che vi sono molti altri asset oggi decisamente allettanti, a cominciare dalle azioni, con l'S&P 500 salito ai massimi da cinque anni (e molto vicino al record storico). Di fondo, c'è un ritorno di fiducia degli investitori, che sembrano essersi lasciati alle spalle la grande paura del collasso dell'Eurozona e, più recentemente, quella del "fiscal cliff", che avrebbe precipitato gli Stati Uniti in una nuova recessione. Se non ci saranno imprevisti, l'oro difficilmente potrà tornare a correre in una situazione come questa.
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